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1170 giugno. Fredulfo detto Fredeboldo del fu Ubaldo di Monte Severo vende  all’abate Nicolò del monastero di Santa Lucia, posto nel luogo detto Strada, la sua parte del castello di Prunarolo e di vari terreni, confinanti con il rio Venola e consistenti nel castello, torre, vigne, prati, pascoli, selve comuni e ripe rocciose, per la cifra di 50 soldi. L’atto viene stipulato davanti alla chiesa di Santa Trinità di Savigno.

Vari documenti fra i più antichi dell’archivio di Santa Lucia di Roffeno indicano la posizione dell’abbazia nella località Strada: questo termine nel bolognese indica sempre una via di carattere sovralocale, un asse viario importante del territorio, al contrario delle tante vie pubbliche che segnano i confini degli appezzamenti di terra

(BCABo, Fondo Talon Sampieri, busta A.210, mazzo 1, n. 22)

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La via Cassìola o piccola Cassia

Questa strada medievale, definita da Arturo Palmieri alla fine dell’Ottocento “via del confine bolognese-modenese”, è stata anche chiamata recentemente con intento turistico Piccola Cassia o via Longobarda: entrambe queste definizioni illustrano una caratteristica della strada, di segnare per lungo tratto il confine fra i territori di Bologna e di Modena, e di essere stata tracciata e attrezzata dai sovrani longobardi, nella fattispecie Astolfo, a metà dell’VIII secolo con la costruzione di monasteri, abbazie e ospitali per viaggiatori. Fu il cognato del re, il duca Anselmo, da condottiero di uomini fattosi guida di monaci, a fondare dapprima il monastero di San Salvatore di Fanano nel 750 poi l’abbazia di San Silvestro di Nonantola nel 751-752, ponendo i suoi monaci benedettini a formare un “confine vivente” (Karl Schmid) fra la civiltà longobarda a ovest e quella bizantina a est, ma istituendo insieme un importante tramite viario fra il nord e il sud della catena appenninica.

In pianura la strada presentava diversi percorsi: chi giungeva da Verona poteva attraversare il Modenese e toccare Nonantola; chi giungeva da Padova toccava Cento e San Giovanni in Persiceto. I due percorsi giungevano alla via Emilia in due punti diversi: la variante più comoda per i Modenesi al ponte di Sant’Ambrogio, l’altra per i Bolognesi al ponte Samoggia. Da qui la via Nonantolana toccava San Cesario, la Persicetana arrivava a Piumazzo, ma poi il percorso dei due rami cominciava a convergere sulla via Predosa (attuale Vignolese) e su Bazzano per raggiungere il crinale fra Samoggia e Panaro. Giunta sul crinale del Samoggia, la strada passava presso il castello di Monteveglio, toccava la chiesa della Santissima Trinità di Prato Baratti (Savigno), quindi saliva a Tolè e a Santa Lucia di Roffeno. Il percorso toccava poi Castel d’Aiano, Semelano, Pietracolora, Bombiana, Gaggio Montano, Rocca Corneta e Fanano. Risaliva poi la Val di Lamola, incontrando l’ospizio e la chiesa ancora esistente di San Giacomo, passando il crinale appenninico probabilmente al passo della Croce Arcana verso Cutigliano o al passo della Calanca verso San Marcello Pistoiese.