Lelio Falconieri
Editto Sopra le Carte da gioco, e Tarocchi da fabricarsi in questa Città, suo Contado, e Legatione
In Bologna per l’Herede del Benacci Stampatore Camerale, 4 agosto 1645
Collocazione: Fondo speciale Bandi Merlani, XIX, 89
Il 28 giugno 1588 papa Sisto V, il marchigiano Felice Peretti (1521-1590), introdusse nello Stato della Chiesa la tassa sui mazzi di carte da gioco.
Con il Bando contra giocatori di dadi e carte, dava al provvedimento una motivazione soprattutto di ordine morale: la Chiesa, infatti, non poteva più tollerare che nelle terre da essa controllate proliferasse il gioco d’azzardo, con tutte le deprecabili conseguenze che inevitabilmente si generavano a livello economico e morale da questa pratica. Il tributo da pagare per le carte venne quindi inteso come una sorta di deterrente al loro uso peccaminoso e immorale. In particolare, nell’editto si rimarcava ancora una volta la proibizione al gioco dei dadi che veniva pesantemente punito con multe e detenzioni carcerarie. Per quanto riguarda i giochi di carte, erano invece tollerati e veniva fissata una tassa da pagare al momento della messa in commercio di ogni mazzo. La tassa aveva anche valore retroattivo, per cui tutti i mazzi già in circolazione dovevano anch’essi sottostare al pagamento dell’imposta. Con i soldi derivanti dall’esazione di tale tributo – un “giulio” di moneta romana per ogni mazzo – la Chiesa si ripropose di effettuare opere di bene, in particolare a favore di poveri e bisognosi: cosa che in effetti avvenne con l’apertura a Roma di una struttura assistenziale per diseredati.
Questa tassa papalina sulle carte da gioco sopravviverà a tutti i cambiamenti amministrativi successivi, tanto che anche il nuovo Stato unitario italiano creatosi attorno ai Savoia nella seconda metà dell’Ottocento continuò infatti a farla pagare – nel 1862 venne introdotto il timbro fiscale governativo per tutti i mazzi di carte – e così farà pure la Repubblica. L’obbligo del pagamento del bollo d’imposta su ogni mazzo di carte è stato formalmente abrogato solo nel 1972 con l’entrata in vigore dell’Iva.