Nella prima parte di questa sezione sono esposti alcuni ricettari novecenteschi, che raccontano anche alcuni aspetti della storia del nostro paese.
Il diario della massaia di Valori-Annesi in 2 volumi fa parte di una rara raccolta completa in 12 volumi. Contiene ricette suddivise per giorno, sia per il pranzo sia per la cena, proponendosi di essere d’aiuto alle donne che devono pensare a far da mangiare tutti i giorni, non possono disporre di personale di servizio e, sempre più spesso, lavorano fuori casa come operaie o impiegate (A. De Bernardi, Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta, Roma, Donzelli, 2019, p. 141).
L’autarchia imposta dal regime fascista ebbe naturalmente ripercussioni importanti sul modo di cucinare e mangiare delle famiglie italiane. Alcuni ricettari riflettono chiaramente lo spirito del tempo e cercano di offrire soluzioni ai problemi che le imposizioni di autarchia creavano nel reperimento dei generi alimentari. Se il libro di Elisabetta Randi, datato 1942, si pone verso la fine del regime, quando anche la guerra ha aggravato una situazione di povertà e di scarsità di generi alimentari che rendono ormai cronica, quello di Emilia Zamara invece (1936) testimonia una fase più precoce della politica autarchica, alimentata non solo dall’ideologia ma anche (e forse soprattutto) dalle necessità imposte dalle «“sanzioni” comminate all’Italia dalla Società delle Nazioni per l’invasione dell’Etiopia […] Il volume infatti apriva le sue pagine con un lungo elenco di ricette di riso, che erano anteposte e più numerose di quelle dedicate alla pasta» (A. De Bernardi, Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta, Roma, Donzelli, 2019, p. 188). Il frontespizio stesso del libro testimonia il fatto che l’autarchia più che una scelta è una necessità con cui si offre resistenza all’«iniquo assedio economico» imposto al nostro paese.
Quello che vedete sotto è uno dei primi libri di ricette vegetariane (il termine vegetarismo nasce a fine XIX sec.) e l’autore Duca Enrico Alliata di Salaparuta, gentiluomo amante di feste e pranzi luculliani, lo pubblicò per dimostrare che si potevano organizzare pranzi sontuosi senza sacrificare gli animali.
Dal 1920 al 1935 Paul Scheuermeier realizzò un’inchiesta linguistico-etnografica nell’Italia Settentrionale e Centrale. Fra i molti documenti pubblicati ci furono due volumi dedicati ai lavori dei contadini nelle campagne. Scheuermeier lo descrive in questo modo nell’edizione italiana di quest’opera, intitolata Il lavoro dei contadini: «Il lavoro e gli strumenti del contadino vengono descritti in questo libro in maniera scarna. Gente semplice ci ha fornito il materiale. Ci sentiamo obbligati verso di loro per la collaborazione umile e intelligente. La loro vita è sconosciuta e senza pretese, ma il pane meraviglioso è opera delle loro mani dure, il vino squisito frutto del loro costante lavoro. Questo volume si propone di presentare fedelmente e realisticamente, senza esagerazioni, tutto ciò, affinché la conoscenza di questi fatti possa portare la scienza verso nuove cognizioni. Non nel “che cosa” ma nel “come” si può ritrovare il vero valore di ogni attività».
Nelle pagine che riportiamo si vede, fra gli altri, una donna di Loiano alle prese con un’enorme sfoglia, immagine che abbiamo scelto per il manifesto di questa mostra, gentilmente concessaci dall’Archivio AIS dell’Università di Berna. Solo dopo l’apertura della mostra, il loianese Eugenio Nascetti ci ha segnalato – prima con una breve nota sul libro dei visitatori poi fornendoci spiegazioni più approfondite su nostra richiesta – che la donna ritratta è con tutta probabilità Virginia Consolini, sorella di colui che aveva aiutato Scheuermeier nella sua ricerca a Loiano e proprietaria di una trattoria in paese. Che quella ritratta non sia una cucina privata ma quella di un locale pubblico lo si deduce in effetti dal numero molto elevato di piatti presenti nella credenza alle spalle della donna. Ringraziamo molto il signor Nascetti per queste preziose informazioni.
Sul lavoro di Scheuermeier nel territorio bolognese, segnaliamo il volume: Paul Scheuermeier. Contadini del Bolognese, 1923-1928, a cura di Claudia Giacometti, Giorgio Pedrocco, Massimo Tozzi Fontana, Bologna, CLUEB, stampa 2009.
In questo saggio il famoso scrittore e giornalista Giuseppe Prezzolini indaga in maniera colta e ironica la cultura della pasta, dal punto di vista storico e letterario, regalando numerosi aneddoti e ricette.
Un’ultima curiosità ci porta agli anni Settanta del secolo scorso, un volume in cui il grande attore Aldo Fabrizi celebra i suoi due grandi amori: Roma e la pastasciutta. Fotografie di gusto kitsch – in cui enormi piatti di pasta si stagliano sullo sfondo di celebri monumenti della Città Eterna – si alternano a disegni e poesie con cui Fabrizi celebra il piatto nazionale, «opera d’ingegno e fantasia / una grazia di Dio che s’assapora».
Aldo Fabrizi, La pastasciutta. Ricette nuove e considerazioni in versi
Milano, A. Mondadori, 1971
Collocazione: 35. C. 183