VIII

Ricettario del famoso cuoco di corte Vincenzo Corrado, frate benedettino, nel quale l’autore cerca di conciliare la sobrietà pitagorica con l’eccellenza gastronomica. Egli propone ingredienti semplici e naturali, “tutto ciò che dalla terra si produce”, cucinati in maniera raffinata. Toglie dalle tavole aristocratiche i pesanti piatti a base di carne e cucina con erbe, radici, frutta, semi ecc., ma soprattutto introduce due ingredienti fino ad allora riservati alle tavole povere e popolari: la patata e i pomodori.

Vincenzo Corrado, Del cibo pitagorico ovvero erbaceo per uso de’ nobili, e de’ letterati
Napoli, Fratelli Raimondi, 1781.
Collocazione: 17. Scienze mediche. Igiene, dietetica. Cart. I, n. 25

 

Vincenzo Corrado è autore anche del trattato Il cuoco galante (1773). Alberto De Bernardi segnala che proprio fra quest’opera e quella di poco successiva di Francesco Leonardi, intitolata Apicio moderno (1790), si verifica una mutazione fondamentale nel modo di concepire la pasta: «È ne L’Apicio moderno che emerge la definitiva consegna dei maccheroni all’universo dei cibi salati, direttamente proporzionale alla scelta di semplificarne le preparazioni […]: un passaggio cruciale che segnala, nel breve lasso del ventennio che separa la pubblicazione di questi due veri e propri monumenti della cultura gastronomica italiana, la ricezione di una evoluzione del gusto e di una prepotente affermazione della pasta come alimento in grado di svolgere un ruolo primario nella cucina nazionale» (A. De Bernardi, Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta, Roma, Donzelli, 2019, p. 31-32). Massimo Montanari, nel già citato Bologna, l’Italia in tavola, segnala invece che nell’Apicio moderno compare per la prima volta l’espressione Tortellini alla bolognese (p. 109). Fino ad allora i tortellini, presenti da secoli sulle tavole (italiane e non solo) in versioni molto diverse, non erano associati in maniera particolare al capoluogo emiliano. A dimostrazione del fatto che, ed è la tesi forte del libro di Montanari, ricercare le origini del tortellino (o di altri formati di pasta, come le tagliatelle) in un luogo specifico o assegnarne la paternità a una persona è esercizio fuorviante e di scarsa utilità, buono per le leggende e le burle ma inutile e anzi dannoso per una ricerca storica seria e approfondita.

 

La cannella era molto usata nei secoli XVI e XVII per i condimento della pasta, accompagnata dallo zucchero. Nelle altre illustrazioni, i chiodi di garofano e il “pepe lungo”, cioè il peperoncino.

 

Questo erbario cinquecentesco illustra con splendide tavole «le viue Piante, che nascono in tutta Europa, & nell’Indie Orientali, & Occidentali». Raccoglie quindi anche tutte le piante appena scoperte grazie ai grandi viaggi di esplorazione. Molte di queste piante sono stata usate per accompagnare la pasta come condimento o come ripieno. Altre volte invece, inserite direttamente nell’impasto, lo hanno colorato. Bisogna però fare attenzione a non commettere anacronismi. Il pomodoro, per esempio, diventerà un condimento abituale per i piatti di pasta solamente a partire dalla seconda metà del XIX secolo (si veda il paragrafo La pasta e il pomodoro, in A. De Bernardi, Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta, Roma, Donzelli, 2019, p. 119-128).