Nella tarda mattinata di lunedì 10 settembre 1725, il sotto-uditore del tribunale del Torrone, insieme a due notai e a un gran numero di “birri” al comando del “bargello” fecero irruzione in quattro attività del centro di Bologna: la tipografia di Lelio Dalla Volpe, la stamperia “All’insegna della Rosa”, la bottega del fabbricante di carte da gioco Giovanni Gabriele Nobili e quella del rilegatore e libraio Pietro Cavazza. Tutti quanti furono trovati all’interno di queste botteghe, titolari o semplici lavoranti, furono arrestati e portati in catene alle vicine carceri del Torrone dove, a partire dal pomeriggio, furono sottoposti a interrogatorio.
Nel corso degli arresti, “birri” e bargello avevano compiuto anche attente perquisizioni delle botteghe e ne erano usciti portando con sé non solo gli arrestati ma anche diverso materiale a stampa.
In città la notizia degli arresti si diffuse velocemente e con preoccupazione, soprattutto perché nessuno ne conosceva il motivo. Solo due giorni dopo, mercoledì 12, il legato Ruffo emise un editto nel quale spiegava di essere intervenuto per condannare un mazzo di carte per giocare a tarocchino con libretto da poco messi in circolazione. I primi mazzi e libretti sequestrati vengono bruciati dal boia in un bracere all’interno del Torrone.
A breve giro di corriere, il Senato informò l’ambasciatore bolognese a Roma, il conte Filippo Aldrovandi. Questi si fece recapitare il mazzo di carte e il libretto e, dall’alto della sua pluriennale esperienza diplomatica, intuì subito la causa della condanna legatizia: la colpa non stava nel libretto, ma nelle carte, in particolare in quella col numero 21 e corrispondente, nella scala dei trionfi, al “Matto”. Nell’elenco delle varie forme di governo degli stati europei che compariva sulla carta, si definiva quello che reggeva Bologna come governo “misto”.
Venerdì 14 il bargello trovò i due rami e le tre tavole in legno di pero nei quali erano incise le figure delle carte e li consegnò al Legato. Ruffo ordinò al fabbro del Torrone di distruggere i rami e bruciare le tavole.
Sabato 15 fecero un nuovo rogo di carte e libretti in un caminetto all’interno del Torrone. Dalla Volpe, Ubaldini, Nannini, Cavazza Belluzzi, in carcere da lunedì 10, vennro liberati su fidejussione.
Lunedì 17 si presentarono spontaneamente presso il Torrone i ricercati Giovanni Battista Bianchi, Giovanni Canossa e Giuseppe Moretti. Interrogati in giornata, alla sera furono rilasciati su fidejussione.
Sabato 22 si presentò spontaneamente presso il Torrone Giovanni Gabriele Nobili, l’ultimo ricercato ancora in libertà. Dopo l’interrogatorio venne rilasciato su fidejussione.
Il canonico Luigi Montieri non fu arrestato ma per lui arrivò l’obbligo di lasciare subito Bologna: vi rientrerà solo sei anni più tardi.