La censura libraria del Regime fascista fu attuata con varie modalità anche prima del 1934, ma fu in quell’anno che si ebbe una svolta decisiva, con la creazione di un sofisticato sistema di censura preventiva di cui diventava protagonista l’Ufficio stampa e propaganda, istituito il 6 settembre 1934, che era alla diretta dipendenza di Mussolini, Capo del Governo. Prima del 1934 si segnala ad esempio l’intervento di epurazione libraria attuato dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche con circolare n. 1984 del 10 maggio 1928, per bonificare le biblioteche popolari da quel materiale “che potesse esercitare sui lettori dannose influenze per i buoni costumi o che in ogni modo contraddicesse al Regime e ai suoi fini educativi.” (cfr. Le accademie e le biblioteche d’Italia nel sessennio 1926-27–1931-32, in Bibliografia). Le complesse vicende della censura libraria attuata nei confronti sia della produzione editoriale sia delle biblioteche sono state ricostruite in modo esemplare da Giorgio Fabre, L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino, 1998, a cui si rimanda per gli approfondimenti.
Tra i casi più interessanti di attuazione della censura libraria nelle biblioteche, Fabre cita il caso della Biblioteca Universitaria di Bologna, dove sulla base di una circolare del ministro Bottai del 23 settembre 1942 i libri oggetto di censura vengono marchiati con il timbro Lib. Sg (libro sgradito, cfr. il saggio sull’argomento di Michele Catarinella).
L’interesse per il caso dell’Archiginnasio, che non è stato invece mai studiato, è legato anche al fatto che si tratta di una biblioteca non governativa, dipendente da un “ente ausiliario”, il Comune, dove le disposizioni ministeriali arrivavano filtrate dalla soprintendenza competente e quindi anche dalla possibilità di confrontare ciò che è accaduto in Archiginnasio con quanto accadeva nella vicina e governativa Biblioteca Universitaria, il cui direttore era anche il soprintendente da cui dipendeva l’Archiginnasio. La definizione di “enti ausiliari dello Stato” sostituisce nel 1939 quella di “ente autarchico”, che il Regime considerava obsoleta.
Dalle ricerche effettuate nell’archivio della Biblioteca dell’Archiginnasio risulta che il primo riferimento alla censura libraria risale al 4 ottobre 1928, ma non riguarda direttamente la Biblioteca dell’Archiginnasio, bensì la Biblioteca popolare creata da Albano Sorbelli nel lontano 1909 (cfr. BCABo, Archivio, Carteggio amministrativo, 1928, Prot. 802-IV).
La Biblioteca popolare, creata per andare incontro alle esigenze di un nuovo pubblico, fatto di operai, commessi e impiegati, fino ad allora esclusi dalla cultura e dalle biblioteche, riscosse un grande successo.
A partire dagli anni Venti inizia però un periodo di crisi, dovuto in particolare alla mancanza di fondi per l’acquisto di nuovi libri e periodici, a cui fa seguito nel 1923 la chiusura serale e la drastica riduzione dell’orario per il prestito a domicilio. Nel 1928 la Biblioteca popolare è allo stremo e Leandro Arpinati, podestà di Bologna, ne decreta il trasferimento presso la Casa del Fascio, che era stata realizzata ed era gestita dalla S.A. Civile Pro Casa del Fascio, di cui amministratore era lo stesso Arpinati.
Sorbelli non poté opporsi alla decisione di Arpinati, e fu costretto ad assistere al lento declino della sua creatura, che aveva fondato e su cui aveva impegnato molte risorse. Nell’ottobre del 1928, quando dal R. Ispettorato Scolastico della Prima Circoscrizione di Bologna fu inviata a Sorbelli copia della circolare del Regio Provveditore di Bologna che riassumeva il contenuto della circolare del Ministero della Pubblica istruzione con la quale si disponeva l’epurazione delle biblioteche popolari (n. 1984 del 10 maggio 1928), Sorbelli già sapeva che il destino della Biblioteca popolare da lui fondata era segnato.
Dalle biblioteche popolari dovevano essere bandite tre tipi di pubblicazioni:
1) tutte le pubblicazioni ispirate ai concetti politici del socialismo in ogni sua gradazione […].
2) tutte le pubblicazioni, che divulghino teorie e pratiche immorali, in aperto contrasto con lo sviluppo demografico della Nazione.
3) tutte le pubblicazioni di natura amena-in ispecie romanzi-che, in qualsiasi modo, riescano offensive alla morale ed alla educazione dei giovani.
Sorbelli chiede un riscontro sulle pubblicazioni possedute dalla Biblioteca popolare a Luigi Donati, addetto alla biblioteca, che risponde in data 26 ottobre:
[…] in questa Biblioteca Comunale Popolare non figurano opere comunque nocive all’educazione morale della gioventù; né, da quando vi sono addetto, entrarono libri di contenuto in contrasto con le direttive politiche e patriottiche del vigente regime nazionale fascista.
Dopo pochi giorni, il 31 ottobre 1928, Sorbelli risponde al Regio Ispettorato Scolastico della Prima Circoscrizione, affermando che la Biblioteca popolare non dispone di libri contrari alla morale e alla sana educazione, né contrari alla Patria e al Regime; possiede però opere acquisite prima del 1915, di carattere sociale e anche socialistoide, che non rientrano, per Sorbelli, tra le pubblicazioni soggette all’epurazione descritte nella circolare inoltrata dal R. Provveditore.
Nel 1929 si registra il primo caso di richiesta di censura di una pubblicazione inviata alla Biblioteca dell’Archiginnasio (BCABo, Archivio, Carteggio amministrativo, 1929, Prot. 644-IV).
Nella richiesta, datata 26 luglio 1929, proveniente dalla Regia Prefettura di Bologna e indirizzata al Podestà Leandro Arpinati, si dispone la sospensione dell’abbonamento al periodico «The Quarterly Review», a causa della pubblicazione di un articolo (Robert Dunlop, The italianisation of South Tyrol), ritenuto offensivo nei confronti del governo e del popolo italiano, apparso sul n. 252 della rivista nell’aprile del 1929.
La Biblioteca dell’Archiginnasio risponde:
Presa comunicazione, si ritorna la pratica avvertendo che la Biblioteca non è abbonata alla Rivista di cui sopra.
L’anno successivo la Biblioteca riceve una seconda richiesta di censura, proveniente dall’Ufficio di pubblica istruzione del Comune, che trasmette una segnalazione del soprintendente bibliografico per le provincie dell’Emilia Domenico Fava del 30 dicembre 1929, inviata al podestà Antonio Carranti, relativa all’entrata in Italia di una pubblicazione clandestina, invitando alla vigilanza per evitare che possa essere acquisita dall’Archiginnasio. La comunicazione riservata inviata da Fava al Podestà era giunta alla Soprintendenza dal Ministero dell’Educazione nazionale, che a sua volta l’aveva ricevuta dal Ministero dell’Interno. L’autore del libro segnalato, Le régime fasciste italien, è il modenese Francesco Luigi Ferrari (1889-1933), importante esponente politico del mondo cattolico, costretto nel 1926 a emigrare prima in Francia e poi in Belgio in seguito a violente aggressioni subite dai fascisti; anche in questo caso Sorbelli assicura che l’opera non è posseduta dall’Archiginnasio e che verrà esercitata la massima vigilanza per evitare che possa essere acquisita in futuro: si tratta della prima e ultima pratica relativa alla censura che viene conservata nell’Archivio riservato della Biblioteca.
L’anno successivo la Biblioteca riceve una terza richiesta di censura: questa volta è il Regio Soprintendente Bibliografico per l’Emilia Domenico Fava che il 16 aprile 1929 avverte il podestà Leandro Arpinati dell’entrata in Italia di una pubblicazione clandestina, e invita alla vigilanza per evitare che possa essere acquisita dall’Archiginnasio (BCABo, Archivio, Carteggio amministrativo, 1930, Prot. 510-IV).
L’autore dell’opera segnalata è Emilio Lussu (1890-1975), una delle figure di spicco dell’antifascismo, rifugiatosi a Parigi dopo la rocambolesca fuga in motoscafo da Lipari. In qualità di dirigente di Giustizia e libertà, all’inizio del 1930 pubblica due edizioni de La catena, una per i fuoriusciti italiani in Francia e una seconda espressamente creata per la diffusione clandestina in Italia. Il libro è considerato tra i primi e più importanti contributi alla lotta contro il Regime della comunità antifascista all’estero.
Anche in questo caso Sorbelli risponde che il libro segnalato non è entrato nella Biblioteca dell’Archiginnasio.
Negli anni successivi e fino al 1943, l’Archiginnasio riceve altre 80 circolari riguardanti la censura libraria, per un totale di 120 volumi segnalati nell’arco di dieci anni. Tra il 1944 e il 1945 non riceve alcuna segnalazione dal Ministero dell’Educazione nazionale, segno evidente che la R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana) era impegnata su ben altri fronti durante gli ultimi due drammatici anni del conflitto.
La maggior parte delle segnalazioni, che hanno come oggetto Divieto di diffusione, giungono in Archiginnasio dalla Direzione generale delle accademie, delle biblioteche degli affari generali e del personale del Ministero dell’Educazione nazionale, che inoltra il contenuto di telegrammi inviati ai Prefetti dal Ministero della Cultura popolare, e sono indirizzate ai direttori delle biblioteche pubbliche governative e non governative.
In genere i direttori delle biblioteche vengono invitati esplicitamente a “sottrarre dalla pubblica lettura” i libri indicati, e quando i titoli oggetto di censura non risultano posseduti dall’Archiginnasio, Sorbelli risponde assicurando, come già abbiamo visto per i primi due casi di censura
[…] che sarà esercitata la più diligente sorveglianza affinché tali pubblicazioni non abbiano ad entrare, o in acquisto o in dono, in questo Istituto.
Le circolari che segnalano libri da censurare posseduti dall’Archiginnasio sono sette e giungono tra il 1933 e il 1939, per un totale di 14 titoli. Nella maggior parte dei casi Sorbelli assicura che i libri sono stati “ritirati dalla loro sede” e quindi prelevati dagli scaffali, anche se solo in un caso fa esplicito riferimento alla creazione di una speciale sezione riservata appositamente allestita presso la Direzione. Di estremo interesse è il riferimento alle relative schede del catalogo cartaceo che, almeno sulla base delle risposte di Sorbelli, vengono distrutte o comunque tolte dal catalogo.
Quale è stato il destino di questi libri, negli anni del Fascismo e nel dopoguerra? Quali tracce sono rimaste dell’intervento censorio messo in atto dalla biblioteca dell’Archiginnasio? Si è provato a ricostruire nei dettagli le vicende di ogni libro, cercando prima di tutto di appurare se i libri censurati e le relative schede del catalogo siano ritornati al loro posto nel dopoguerra, consultando poi il Catalogo topografico della Biblioteca per individuare ulteriori, eventuali informazioni.
Questa ricerca ha fornito risultati insperati, offrendo un quadro complessivo piuttosto articolato, tale da far ritenere che Sorbelli non abbia adottato una sola soluzione, ma abbia gestito negli anni il divieto di diffusione dei 14 libri posseduti dalla Biblioteca con modalità diverse tra loro.
Le due prime circolari rivestono un particolare interesse sia per gli anni in cui vengono inviate all’Archiginnasio, il 1933 e il 1935, quindi in una fase che precede l’attività censoria più intensa della seconda metà degli anni Trenta, sia perché non giungono dal Ministero dell’Educazione nazionale ma dal Ministero dell’Interno per il tramite dell’Ufficio politico investigativo della M.V.S.N. (Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) di Bologna. La provenienza di queste due circolari fa intuire che ci si trova davanti a libri i cui autori erano considerati politicamente invisi al Regime, mentre in seguito saranno sottoposti a censura in Archiginnasio alcuni libri considerati immorali o scritti da autori ebrei, o che di ebraismo trattavano.
Nel 1933 il Ministero dell’Interno ordina dunque il sequestro dei primi tre numeri del periodico «Memorie storiche della Diocesi di Brescia», stampato a Brescia tra il 1930 e il 1932, diretto dal sacerdote Paolo Guerrini.
I tre fascicoli vengono consegnati ad un milite della M.V.S.N. e Sorbelli avvisa del sequestro il Capo dell’Ufficio di pubblica istruzione, da cui l’Archiginnasio dipendeva. Nel catalogo storico la scheda di questo periodico è ancora presente, e indica che la Biblioteca possedeva la raccolta dal 1930 al 1936.
I primi tre numeri della rivista risultano mancanti e quindi non furono più riconsegnati alla Biblioteca. Sorbelli nella sua risposta non accenna al destino della scheda del catalogo, che quindi potrebbe essere stata ricollocata al suo posto nel dopoguerra, oppure non essere mai stata eliminata, in previsione di un possibile dissequestro. Nel Catalogo topografico, con collocazione 1 S III 23 bis-29 sono state registrate nel dopoguerra le annate dal 1933 al 1957, mentre le annate eliminate (dal 1930 al 1932), avevano la collocazione 1 S II 23.
Paolo Guerrini (1880-1960) si occupò per tutta la vita delle vicende storiche di Brescia, pubblicando innumerevoli saggi. Nel 1928 perse il posto di bibliotecario della Biblioteca Queriniana per i forti contrasti che lo opponevano alle gerarchie locali del P.N.F. (Partito nazionale fascista), di cui è testimonianza anche la dura critica alla politica culturale del Podestà di Brescia, contenuta nella presentazione al terzo numero delle «Memorie storiche della Diocesi di Brescia» e nella prefazione al terzo volume delle Cronache bresciane inedite del 1929. Guerrini non nascose mai le sue idee antifasciste e nel 1940 fu anche arrestato per avere pubblicamente espresso posizioni contrarie alla guerra.
Più nota è la figura di Guglielmo Ferrero, l’autore delle otto opere che vengono collocate in una sezione riservata creata presso la Direzione della Biblioteca nel 1935, in seguito all’ordine di sequestro proveniente dall’Ufficio politico investigativo della M.V.S.N. di Bologna, che certamente non agiva di sua iniziativa, ma con ogni probabilità su indicazione dell’Ufficio stampa e propaganda, non ancora elevato a ministero quando la pratica giunge in Archiginnasio nell’aprile del 1935.
Guglielmo Ferrero (1871-1942) all’epoca del sequestro era già uno storico affermato e noto a livello internazionale. Tra il 1902 e il 1904 aveva pubblicato una delle sue opere più importanti, Grandezza e decadenza di Roma, in cinque volumi (sei nell’edizione francese, più completa), che fu tradotta in varie lingue e più volte ristampata. La prima edizione di quest’opera è in testa alla lista inviata dalla M.V.S.N all’Archiginnasio. Ferrero fu sempre un implacabile avversario del Fascismo, fin dalle origini del movimento mussoliniano, e pagò sempre per la sua opposizione e la sua coerenza: fu oggetto di strettissima sorveglianza da parte della polizia, fu minacciato di invio al confino e gli fu tolto per diversi anni il passaporto, mentre molti dei sui libri furono oggetto di censura: Ennio Dirani ne ha contati ben 33, un primato, negli Elenchi di opere la cui pubblicazione, diffusione o ristampa nel Regno è stata vietata dal Ministero della Cultura popolare, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1940. Sulla censura dei libri di Ferrero si veda anche Fabre, Il censore, p. 381-382.
Sorbelli nel rispondere all’Ufficio politico investigativo della M.V.S.N. oltre a citare per la prima e ultima volta l’esistenza di una sezione riservata presso la Direzione, precisa di avere tolto le relative schede dal catalogo alfabetico e per materia. Di seguito si descrive, titolo per titolo, la situazione attuale, relativa alla presenza o meno delle opere in elenco sugli scaffali della Biblioteca e delle schede a suo tempo rimosse dal catalogo storico, almeno secondo quanto dichiarato da Sorbelli:
Guglielmo Ferrero, Grandezza e decadenza di Roma, Milano, Treves, 1902-1904, 3 voll.
Collocazione: 5 G* IV 59-62 [62 nella lista della M.V.S.N., ma 61]
L’opera fu pubblicata in cinque volumi, ma ne risultano solo tre posseduti dall’Archiginnasio, senza specificare quali, dalle indicazioni presenti nel Catalogo topografico, che sono state cancellate con tratti a penna e la scritta Annullata.
Questa edizione è stata in seguito sostituita da un’edizione del 1924-25, in cinque volumi, con collocazione 5 G* VI 44-48.
La scheda nel Catalogo storico è mancante.
Guglielmo Ferrero, Leo Ferrero, La palingenesi di Roma (da Livio a Machiavelli) con un’Appendice su Che cos’e’ la storia?, Milano, Edizioni Corbaccio, 1924
Collocazione: 4 q I 2
Il libro è presente sullo scaffale e non ha note manoscritte o timbri particolari al suo interno. Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie, ma la scheda principale conserva sul lato sinistro, sotto la segnatura, tracce di una scritta a matita, molto labile ma ancora leggibile: Al riservato.
Sul Catalogo topografico non si segnalano note o modifiche.
Guglielmo Ferrero, La rovina della civiltà antica, traduzione italiana di Leo Ferrero, Milano, Athena, 1926
Collocazione: 5 G* VI 40
Il libro è presente sullo scaffale e non ha note manoscritte o timbri particolari al suo interno. Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie, ma la scheda principale conserva sul lato sinistro, sotto la segnatura, tracce di una scritta a matita, molto labile ma ancora leggibile: Al riservato.
Sul Catalogo topografico non si segnalano note o modifiche.
Guglielmo Ferrero, Le donne dei Cesari, Milano, Athena, 1925
Collocazione: 5 G* VI 39
Il libro è presente sullo scaffale e non ha note manoscritte o timbri particolari al suo interno. Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie: la scheda principale conserva sul lato sinistro, sotto la segnatura, tracce di una scritta a matita, in parte cancellata ma ancora leggibile: Al riservato.
Sul Catalogo topografico non si segnalano note o modifiche.
Guglielmo Ferrero, La guerra europea. Studi e discorsi, Milano, Ravà & C., 1915
Collocazione: 12 K II 34
Il libro è mancante.
Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie. La scheda principale conserva sul lato sinistro ancora perfettamente leggibile: Al riservato.
Sul Catalogo topografico è annotato: manca e esiste la scheda.
Guglielmo Ferrero, La tragedia della pace. Da Versailles alla Ruhr, Milano, Athena, 1923, con dedica autografa di Luigi Roversi sulla copertina
Collocazione: 12 I III* 31
Il libro è presente sullo scaffale e non ha note manoscritte o timbri particolari al suo interno. Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie: la scheda principale conserva sul lato sinistro, sotto la segnatura, tracce di una scritta a matita, in parte cancellata ma ancora leggibile: Al riservato.
Sul Catalogo topografico non si segnalano note o modifiche.
Guglielmo Ferrero, La vecchia Europa e la nuova. Saggi e discorsi, Milano, Fratelli Treves, 1918
Collocazione 12 L III* 36
Il libro è presente sullo scaffale e non ha note manoscritte o timbri particolari al suo interno. Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie: la scheda principale conserva sul lato sinistro, sotto la segnatura, tracce di una scritta a matita, quasi del tutto cancellata ma ancora leggibile: Al riservato.
Guglielmo Ferrero, Da Fiume a Roma. Storia di quattro anni, Milano, Athena, 1923
Collocazione: 6 SS X 25
Il libro è mancante. Le schede del catalogo sono al loro posto, sia la scheda principale che le schede secondarie. La scheda principale conserva sul lato sinistro ancora perfettamente leggibili le note a matita: Al riservato e Manca.
Sul Catalogo topografico è annotato: manca 1983.
Delle otto opere segnalate nel 1935 dall’Ufficio politico investigativo della M.V.S.N., tre sono dunque mancanti, mentre tutte le schede principali del catalogo (tranne una, mancante) sono al loro posto e riportano ancora, a matita, la scritta Al riservato, più o meno leggibile.
Sorbelli, come indicato nella sua risposta dell’11 aprile 1935, crea dunque una sezione riservata presso la Direzione della Biblioteca, dichiarando inoltre di avere tolto le schede dal catalogo alfabetico e per materia. Mentre si possono avere pochi dubbi sulla creazione di una sezione riservata, la cui esistenza è in qualche modo provata dal fatto che ben tre opere su otto andarono smarrite, il che sarebbe stato molto improbabile se i volumi fossero rimasti al loro posto sugli scaffali (la Direzione fu in buona parte anche distrutta dal bombardamento del 29 gennaio 1944), non convince l’eliminazione delle schede dal catalogo.
Scrivere Al riservato sulle schede principali, le uniche a indicare la segnatura del volume, non avrebbe avuto senso se le schede fossero state tolte e conservate in Direzione insieme ai libri; tale indicazione poteva essere utile solo se visibile per i lettori e i bibliotecari addetti alla distribuzione, dato che li informava sul particolare stato di quei volumi, messi in una sorta di limbo. Si trattava di libri il cui autore era molto noto e non è escluso che parte delle opere di Ferrero censurate, in particolare quelle dedicate alla storia di Roma, fossero comunque concesse in lettura, su richiesta, a particolari categorie di studiosi e potessero così uscire dalla sezione riservata.
D’altra parte nell’archivio dell’Archiginnasio non sono conservate circolari contenenti indicazioni precise su come trattare i libri oggetto di censura e le relative schede del catalogo, ma sappiamo che nei Ministeri della Cultura popolare e dell’Educazione nazionale questi temi furono spesso affrontati, in genere su sollecitazioni degli stessi bibliotecari, e portarono alla diffusione di specifiche circolari esplicative (cfr. ad esempio Fabre, L’elenco, cit., p. 346-359 e Carlo De Maria, Le biblioteche nell’Italia fascista, Milano, 2016, p. 191-208).
Il rischio era che ci fossero eccessi da parte di alcuni settori della pubblica amministrazione, e che il divieto di diffusione dei libri sottoposti a censura potesse essere considerato un incentivo alla distruzione delle schede catalografiche e dell’invio di libri al macero, con grave danno per il patrimonio bibliografico nazionale. Così il ministro Bottai nel 1937 ribadiva l’importanza di creare reparti riservati e poi ancora nel 1942, con la circolare riservata del 23 settembre 1942, di non rimuovere le schede dal catalogo, di apporre sulle copertine dei libri censurati un segno di riconoscimento (il Lib. Sg. che fu apposto sui libri della Biblioteca Universitaria) e di concedere in lettura tali libri solo a determinate categorie di studiosi, naturalmente solo “ariani”. Ma quest’ ultima circolare, comunque non presente nell’archivio della Biblioteca, arriverà troppo tardi per Sorbelli, che riceve circolari di segnalazioni di titoli sgraditi posseduti dall’Archiginnasio solo tra il 1933 e il 1939, e quindi dovrà trovare soluzioni al problema in assenza di indicazioni ministeriali, anche se si può immaginare che su un argomento così delicato si sia consultato con il soprintendente Domenico Fava.
Fatto sta che per i libri che Sorbelli escluderà dalla lettura dal 1937 al 1939 non verrà più fatta menzione di una sezione riservata e le schede del catalogo non presenteranno più la dicitura Al riservato, il che fa pensare a un trattamento in parte diverso nei confronti del secondo gruppo di libri censurati.
Dopo le segnalazioni relative alle pubblicazioni di Guerrini e Ferrero, nel 1937 Sorbelli riceve un’altra circolare che contiene un titolo posseduto dall’Archiginnasio da escludere dalla lettura.
Questa volta la circolare è firmata da Edoardo Scardamaglia, direttore della Direzione generale delle accademie e biblioteche, che inoltra un telegramma diffuso dal Ministero per la stampa e per la propaganda.
Sem Benelli, L’ elefante. Commedia in tre atti, Milano, A. Mondadori, 17 marzo 1937
Collocazione: 8 & III 76.
Sorbelli assicura “di avere immediatamente provveduto alla rimozione e al sequestro […] e a tutte le misure atte ad impedire che il volume sia reso accessibile ai frequentatori di questo Istituto.”
Il 24 luglio dello stesso anno un’altra circolare della Direzione generale informa i direttori delle Biblioteche pubbliche governative e non governative che
Nulla osta diffusione libro Sem Benelli intitolato “Elefante” terza edizione finito di stampare 25 maggio ultimo scorso officine grafiche Mondadori.
Le opere di Sem Benelli furono spesso censurate perché considerate non degne della nuova morale fascista. Un giudizio sprezzante su Sem Benelli fu pubblicato su «Critica fascista», la rivista del ministro Bottai (cfr. Fabre, L’elenco, p. 219, n. 5, ma anche Fabre, Il censore, p. 386-387 e p. 418-419). Nel breve commento dedicato a Benelli si suggerisce ironicamente di non censurare le opere di Benelli, per non creare un martire, ma semplicemente di ignorarle.
Il libro fatto sequestrare da Sorbelli si trova attualmente nella sua collocazione in Biblioteca; la scheda del catalogo e il Catalogo topografico non presentano note riferite al sequestro.
Nel dicembre del 1937 l’Archiginnasio riceve altre tre circolari provenienti dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche, in cui sono indicati quattro libri di cui è vietata la diffusione. Sorbelli procede al sequestro dell’unica opera posseduta:
Filippo Surico, Rabbi son io, che predica l’amore
ma non nell’edizione segnalata dalla circolare (Roma, Urbs, 1936), bensì nella sola edizione posseduta dall’Archiginnasio (Firenze, A. Quattrini, 1911).
Collocazione: 8 Poemetti, Cart. IV, n. 18.
L’esemplare dell’Archiginnasio presenta una dedica dell’autore a Giovanni Pascoli, il quale lo donò poi alla Biblioteca. Sorbelli dichiara nella risposta di averlo sottratto alla lettura e di aver tolto la relativa scheda dal catalogo. Sul libro e sulla scheda del catalogo non sono presenti note riferite al sequestro, mentre nel Catalogo topografico accanto al titolo compare la scritta manca.
Nel maggio del 1938 Sorbelli procede ad un altro sequestro, sempre su indicazione della Direzione generale delle accademie e biblioteche.
Pierre Brantôme, seigneur de Bourdeille, Le dame galanti, traduzione di A. Savinio riveduta sui testi critici e annotata da G. Balzi, illustrazioni di Mario Vellani Marchi, Roma, A. F. Formiggini, 1937, 3 v.
Collocazione: 7 cc III 32-34.
L’edizione dell’opera di Brantôme segnalata per la censura faceva parte della collana Classici del ridere, che insieme alla collana Profili rappresentava l’attività editoriale di punta di Angelo Fortunato Formiggini. Ad inaugurare la collana Profili fu nel 1909 il volume dedicato a Botticelli curato da Igino B. Supino, di cui si tratterà in merito al sequestro della sua biblioteca avvenuto negli anni Quaranta. Formiggini si tolse la vita il 29 novembre 1938 come forma di protesta estrema contro i provvedimenti antiebraici.
Alla richiesta di censurare l’opera di Brantôme, Sorbelli risponde in modo particolarmente deciso:
[…] ho immediatamente provveduto a togliere dalla nostra serie distruggendo la relativa scheda del catalogo l’op. Brantôme Le dame galanti.
Come per il libro di Sem Benelli, anche per quest’opera di Brantôme le motivazioni che portarono al sequestro sono sostanzialmente di ordine morale: il contenuto non era considerato adeguato al nuovo spirito fascista.
Attualmente la Biblioteca possiede solo i volumi 1 e 2, mentre il terzo volume è andato smarrito. La scheda è presente nel catalogo, senza note. Il Catalogo topografico segnala: manca il 34.
Nel 1938 non arrivano circolari contenenti titoli di libri da censurare posseduti dall’Archiginnasio, ma è da segnalare una comunicazione di Sorbelli del 10 gennaio 1938 diffusa tramite un registro denominato Ordini delle superiori Gerarchie e disposizioni della Direzione della Biblioteca, che i dipendenti avevano ribattezzato Il libro delle gride, su cui venivano trascritte disposizioni di vario genere per il personale della Biblioteca:
Due cose ho sempre raccomandato agli impiegati tutti e in particolare a quelli addetti all’ufficio di Distribuzione e del prestito: di non concedere in lettura, sia in sede che a domicilio, i libri che offendono la morale sotto qualsiasi forma, e i libri avversi al Regime o comunque disfattisti. […] Prego tutti a volere star attenti su questi problemi, che sono del più delicato interesse.
Non conosciamo le ragioni che spinsero Sorbelli a diffondere questa comunicazione, in realtà piuttosto generica e senza indicazioni precise sui libri da non concedere in lettura. Si tratta forse di una sorta di “autotutela” da parte dello stesso Sorbelli, che in questo modo poteva difendersi da eventuali accuse per aver concesso in lettura libri potenzialmente sgraditi al Regime, nell’impossibilità oggettiva di effettuare una bonifica sull’imponente patrimonio librario dell’Archiginnasio. Si può comunque interpretare anche come un sintomo dell’inasprimento del clima politico del paese, voluto da un regime che si stava avviando a grandi passi verso le persecuzioni razziali e il conflitto mondiale, alimentando uno stato di perenne mobilitazione della società italiana verso disfattisti e nemici interni e esterni che potevano nascondersi dovunque.
Trascorrono pochi mesi dalla comunicazione di Sorbelli e nella rubrica Notizie de «L’Archiginnasio» viene pubblicato senza commenti il Regio decreto legge n. 1390 del 5 settembre 1938 che sancisce l’esclusione degli ebrei dalle scuole e dagli istituti culturali e la notizia che si è svolta la prima riunione presso il Ministero della Cultura popolare della Commissione per la bonifica libraria, presieduta dal ministro Alfieri, che avrà un ruolo importante nella censura libraria antiebraica degli anni successivi.
Gli ultimi due libri censurati in Archiginnasio vengono segnalati nel corso del 1939 sempre dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche, sulla base di telegrammi del Ministero della Cultura popolare, che venivano indirizzati in primis ai Prefetti, ma anche ai governatori delle colonie, a Rodi ad esempio, per impedire la circolazione dei libri censurati in tutti i territori controllati dal governo italiano. Il primo libro segnalato è di un rabbino inglese che scrive sul tema del misticismo ebraico:
Joshua Abelson, Il misticismo ebraico (la Kabbala), traduzione e prefazione di V. Vezzani, Torino, Fratelli Bocca, 1929
Collocazione: 9 l V 26
Dopo la censura di libri i cui autori erano antifascisti o il cui contenuto era considerato contrario alla nuova morale fascista, con il 1939 in Archiginnasio la censura colpisce per la prima volta un autore di origine ebraica. Gli ebrei diventano in breve l’obiettivo principale della censura libraria sia nell’ambito della produzione editoriale che in quello delle biblioteche, come effetto della promulgazione delle leggi razziali degli ultimi mesi del 1938. E del “problema ebraico” si continua a scrivere anche su «L’Archiginnasio», XXXIV (1939), nella rubrica Annunzi e spunti curata da Sorbelli e Serra Zanetti (cfr. p. 180-181), dove si segnala l’uscita del libro di Roberto Mazzetti Orientamenti antiebraici della vita e della cultura italiana.
Si segnala poi un opuscolo di Mario Betti, Documenti e notizie genealogiche riguardanti la famiglia del prof. Mario Betti, direttore dell’Istituto di Chimica generale della R. Università di Bologna, Bologna, Tip. Azzoguidi, 1939, scritto per confutare il fatto che la propria famiglia avesse origini ebraiche, come indicato in un elenco di famiglie ebraiche pubblicato in Italia, probabilmente Gli ebrei in Italia. Chi sono, quanti sono, come si chiamano. Tutti i nomi delle famiglie ebraiche, Roma, A.R.I.A, 1938: la mia famiglia, scrive Betti, è “di antica tradizione cattolica e non ebbe mai, fin da’ tempi più remoti, contatti con elementi razza ebraica.”
Scrive intanto Sorbelli nella risposta relativa alla censura del libro di Abelson:
[…] ho immediatamente provveduto a ritirare dalla circolazione-togliendo la relativa scheda dal Catalogo ed apponendo opportuna annotazione nell’inventario-l’op. Abelson, “Misticismo ebraico”.
Sorbelli, che in questa occasione saluta in modo militante e poco istituzionale, Con devozione fascista, comunica di aver operato senza lasciare nulla al caso, specificando anche e per la prima volta di avere annotato il Catalogo topografico, dove però non sono state riscontrate note di alcun genere. Il libro attualmente si trova sullo scaffale, al suo posto, ma la scheda del catalogo è effettivamente mancante.
Nel 1939 viene censurato questo secondo ed ultimo libro:
Heinrich Ströbel, La socializzazione. Versione dal tedesco, Torino, Fratelli Bocca, 1923
Collocazione: 6 N IV 79 (nuova collocazione per motivi di conservazione: 16 b* II 11).
Nella risposta, firmata dal vicedirettore Lodovico Barbieri, si precisa che sia il libro che la scheda sono state ritirate per impedirne la lettura. La scheda e il libro sono attualmente al loro posto, mentre non vi sono annotazioni sul Catalogo topografico.
Di grande interesse è la scritta a matita ancora perfettamente leggibile sul foglio di guardia anteriore: Ritirato dalla lettura 30 VIII 1939/XVII. Si tratta del solo libro censurato in Archiginnasio che presenta una scritta di questo genere.
L’autore, Heinrich Ströbel (1869-1944), giornalista e politico, fu una personalità di spicco dell’ala sinistra dell’S.P.D. (Sozialdemokratische Partei Deutschlands). Parlamentare dal 1924 al 1932, con l’avvento di Hitler al potere emigrò in Svizzera, dove morì. Il libro censurato in Archiginnasio è la traduzione della terza edizione di Die Sozialisierung. Ihre Wege und Voraussetzungen, 3. Aufl., Berlin, “Der Firn”-Verl., 1922. L’edizione italiana venne anche recensita dall’anarchico Camillo Berneri nel 1924.
Dalle carte presenti nell’archivio della Biblioteca, l’opera di Ströbel risulta essere l’ultima a essere censurata in Archiginnasio, dove continueranno ad arrivare circolari con divieto di diffusione di libri non posseduti dalla Biblioteca.
Nelle risposte che Sorbelli invia alla Direzione delle accademie e biblioteche tra il 1937 e il 1939 non compare alcun accenno alla sezione riservata, creata presso la Direzione, citata nella risposta relativa alla censura dei libri di Guglielmo Ferrero nel 1935. Nel caso delle opere di Ferrero sono già stati espressi dubbi sulla effettiva eliminazione delle schede dal catalogo, dato che erano state tutte annotate con la scritta Al riservato, mentre la mancanza di note sulle schede intestate a Benelli, Surico, Brantôme e Ströbel, e la perdita della scheda intestata a Abelson, può far supporre che siano state effettivamente tolte dal catalogo, anche se non distrutte, come scrive Sorbelli riferendosi alla scheda di Brantôme. Togliendo le schede dal catalogo non era più necessario trasferire i libri nella sezione riservata, sempre che ancora esistesse, dato che i lettori non avrebbero potuto comunque rintracciare l’opera: questo spiegherebbe anche il fatto che nessuna delle ultime cinque opere censurate è andata perduta, mentre tre delle otto opere censurate di Ferrero mancano all’appello.
Rimane da capire la ragione della scritta Ritirato dalla lettura 30 VIII 1939/XVII (la risposta di Lodovico Barbieri è del 2 settembre) presente sul libro dello Ströbel, e non negli altri libri censurati, dove forse la scritta a matita (e non l’utilizzo di un timbro, ad esempio) può essere stata semplicemente e accuratamente cancellata nel dopoguerra, quando le schede sono state reinserite nel catalogo. Forse, ma sono solo ipotesi, l’argomento del libro e la figura politica di Ströbel meritavano un’attenzione censoria particolare.
Il numero dei libri censurati in Archiginnasio fu dunque nel complesso limitato, dato che dei 120 titoli segnalati, solo una parte era presente nelle raccolte della Biblioteca.
In Archiginnasio, in effetti, non è stato possibile rintracciare copie di elenchi ben più corposi, che furono stampati dall’Istituto poligrafico dello Stato e diffusi a più riprese dal Ministero dell’Educazione nazionale, sulla base di liste preparate dal Ministero della Cultura popolare, i già citati Elenchi di opere la cui pubblicazione, diffusione o ristampa nel Regno è stata vietata dal Ministero della Cultura popolare (cfr. su questi elenchi il saggio di Ennio Dirani in Bibliografia). Non è presente in Archiginnasio neanche l’Elenco. Nomi di autori non graditi in Italia, contenente circa 900 nomi, che venne allegato alla circolare riservata n. 6848 del 7 maggio del 1942 e da cui prende il titolo il già citato libro di Fabre. La circolare fu inviata alle biblioteche governative e alle Soprintendenze bibliografiche, che evidentemente non la inoltrarono alle biblioteche non governative, mentre risulta posseduta dalla Biblioteca Universitaria di Bologna ed è riprodotta in Michele Catarinella, cit., in Bibliografia.
Sulla diffusione della circolare n. 6848 scrive Fabre (cit., p. 354):
[…] i primi e principali destinatari furono appunto gli editori (e, con loro, i prefetti). La comunicazione agli editori era avvenuta «in via riservata»; la distribuzione alle biblioteche risultava secondaria, ma con questo gesto anche il nuovo elenco di autori divenne di dominio quanto meno semi-pubblico.
La diffusione delle circolari del Ministero dell’Educazione nazionale poteva dunque essere limitata alle biblioteche governative e ai soprintendenti bibliografici, ai quali non sempre si chiedeva di inoltrarle alle biblioteche non governative. Come si vedrà con il caso della circolare del 10 febbraio 1942 n. 1919 che vietava l’accesso alle biblioteche governative ai “non ariani”, poteva accadere che tale disposizione giungesse anche in Archiginnasio e qui fosse applicata prima che il Ministero dell’Interno ampliasse il divieto alle biblioteche degli “enti ausiliari”.
Dietro ogni circolare importante (cfr. ad esempio Fabre, cit., p. 351-355) vi erano poi complessi retroscena politici, non solo nazionali, che non sempre è possibile ricostruire compiutamente, e che coinvolgevano le varie anime del Fascismo e le lotte di potere tra i vari ministeri. Non solo il contenuto delle circolari, ma anche le modalità della loro diffusione potevano essere dunque legate a delicati equilibri politici e a durissimi scontri al vertice, che coinvolgevano lo stesso Mussolini.
La biblioteca dell’Archiginnasio ha dunque attraversato la fase della censura libraria fascista escludendo dalla lettura un numero molto limitato di opere rispetto al proprio patrimonio librario, e questo grazie ad un ruolo di indubbia marginalità rivestito dalle biblioteche degli “enti ausiliari” rispetto alle biblioteche governative.
Seppur limitata a pochi libri, l’azione di Sorbelli è sempre stata molto decisa e, almeno a parole, è andata oltre la diligente attuazione degli ordini superiori, in particolare nel trattamento delle schede catalografiche, che lo stesso Bottai nel 1942 dispone di non eliminare dai cataloghi di fronte al rischio di iniziative incontrollate che avrebbero potuto danneggiare il patrimonio bibliografico nazionale.
Risulta comunque molto difficile pensare che un bibliotecario come Albano Sorbelli abbia realmente distrutto alcune schede del catalogo storico, mentre è più plausibile che le uniche due schede mancanti di pubblicazioni censurate siano state tolte dal catalogo, conservate in Direzione, e poi per qualche causa imprevista, smarrite. Per quanto ligio nei confronti degli ordini provenienti dalla Direzione generale accademie e biblioteche, risulta impossibile poter accostare Albano Sorbelli a quei funzionari fanatici che non persero l’occasione per proporre massicci invii di libri al macero.
Oltre a queste forme di censura, che potremmo definire classiche, il Regime operava anche altre forme di pressione e controllo sul patrimonio delle biblioteche pubbliche, condizionandone ad esempio le acquisizioni, non più soggette al solo criterio bibliografico ma indirizzate in specifiche direzioni su criteri di opportunità politica. Riferendosi agli acquisti effettuati nel 1938, Sorbelli scrive:
Segnalo [tra gli acquisti] in particolare le opere riguardanti la dottrina e l’attività politica e sociale del Fascismo (interessanti quelle inerenti alla battaglia autarchica); le opere riflettenti la storia d’Italia antica e recente, la nostra letteratura, la nostra arte, e le molteplici manifestazioni intellettuali e culturali del nostro tempo. Poche sono le opere straniere entrate in Biblioteca nel 1938. Questa Direzione, in armonia colle direttive autarchiche e coi provvedimenti intesi a difendere la nostra valuta, ha notevolmente limitato i suoi acquisti all’estero, ed ha ordinato soltanto opere bibliografiche, indispensabili per offrire agli studiosi mezzi aggiornati di consultazione, ed opere aventi diretti rapporti con la storia e la coltura del nostro Paese. (Relazione del Bibliotecario all’on. Podestà, «L’Archiginnasio», XXXIII (1938), p. 209-210).
Le biblioteche governative e non governative ricevono inoltre suggerimenti di acquisti da parte del Ministero dell’Educazione nazionale. In genere si tratta di pubblicazioni riguardanti il Fascismo e in particolare la figura del Duce, come ad esempio «il volumetto Mussolini visto da me, di Niccolò Sigillino, opera notevole per rapidità di sintesi della figura del Duce», che la Biblioteca dell’Archiginnasio acquista nel giugno del 1935, pochi giorni dopo l’arrivo della segnalazione.
Nel 1937 giunge invece in dono all’Archiginnasio dall’Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche un libro di Achille Starace sulle imprese del Segretario del P.N.F. durante la campagna d’Etiopia, e nel 1940, a guerra già iniziata, la Prefettura di Bologna sollecita l’Archiginnasio all’acquisto di una pubblicazione sull’attività dell’aviazione legionaria durante la guerra civile spagnola.
Dalla Direzione generale accademie e biblioteche giungono anche doni di pubblicazioni di argomento politico, tra cui nel 1939 una copia del Mein Kampf di Adolf Hitler edita da Bompiani nello stesso anno, regolarmente ingressata nel Registro dei doni con inventario n. 444697, ma mai catalogata.
Gli anni della persecuzione antiebraica hanno anche lasciato evidenti tracce nella sezione per Materie del catalogo storico Frati-Sorbelli, di cui furono adeguate alcune voci per rispondere all’intensa produzione editoriale sul tema della «razza ebraica» che precedette e seguì l’approvazione delle norme persecutorie. Già nel 1939 il «Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa» realizzato dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze
[…] introduce il soggetto Razza (con relative stringhe: Difesa, Italia etc. ), affiancandolo (e ampliando il significato) del pre-esistente Razzismo (termine con il quale, ancora nel 1938, è indicizzato per esempio il primo numero della rivista «La difesa della razza»).
La ricerca con il termine «razza» nella sezione per Materie del catalogo storico Frati-Sorbelli fornisce 13 diverse stringhe, una riferita agli equini e 12 alle «razze umane»; dei 16 titoli proposti, alcuni sono riferiti a studi ottocenteschi o dell’inizio del XX secolo, mentre a una pubblicazione stampata a New York nel 1954, Steps award racial integration, è ancora abbinata la stringa «razza negra». Sette titoli pubblicati tra il 1939 e il 1942 sono di noti autori italiani che si sono distinti per le loro posizioni razziste e antiebraiche, tra cui spiccano Giacomo Acerbo e Julius Evola.
La ricerca con il termine «razzismo» individua sei diverse stringhe, per un totale di 15 titoli, di cui dieci sono espressione di autori italiani razzisti e antiebraici, tra cui spiccano Guido Landra e Giulio Cogni, insieme ai già citati Acerbo e Evola.
Tra gli altri cinque titoli, pubblicati tra il 1950 e il 1960, troviamo L’antisemitismo di Jean Paul Sartre e il memoriale autobiografico di Rudolf Höss, che fu comandante ad Auschwitz: certo colpisce il fatto che tra i dieci titoli della «voce razzismo» convivono alcuni dei più noti scritti razzisti e antisemiti insieme, ad esempio, a una pubblicazione con i disegni e le poesie dei bambini ebrei del campo di Terezin. Forse si poteva pensare nel dopoguerra all’inserimento di una stringa che tenesse separati gli scritti dei fautori dell’olocausto dalla memoria delle loro vittime.