Pignattaro

La gerla ondeggia instabile, rischiando di seminare strada facendo parte del carico. Il color bruno, rossiccio, monotono, accompagna l’ennesima improba giornata del pignattaro. D’altronde queste son le mercanzie che l’artigiano sa produrre: stoviglie modeste, alzate al tornio nella misera bottega.
Aveva mandato il garzone con la carriola al fiume per raccogliere creta; aveva disposto a fianco della panca una ciotola con l’acqua e il filo sottile per distaccare i manufatti dal piano della girella; aveva, soprattutto, una gran voglia di ruotare la terra grigia madida di sudore. Le dita ripetono istintivamente senza fallo antiche movenze, mentre le pareti s’allungano, si stringono, lucide, fresche, insicure. Ogni tanto mani sporche si rituffano nella ciotola e riprendono l’originale biancore. Intanto, uno dopo l’altro, catini e scodelle, pignatte e boccali, bottiglie e vasi s’allineano sulle assi ad asciugare; di fianco, poco distante dalle fascine e dai bacchetti, il forno cilindrico sbadiglia riposandosi dall’ultima cottura.
In città, s’eran trovati i pignattari gomito a gomito, fin dall’antichità, nella strada omonima che va dal Salario «fino in capo alla strada dov’è il Dazio della Malvasia», a ridosso della fornace oggi gestita dai fratelli Miliani.

Incisione all’acquaforte tratta da: Annibale Carracci, Le arti di Bologna disegnate da Annibale Caracci ed intagliate da Simone Guilini coll’assistenza di Alessandro Algardi … , Roma, Gregorio Roisecco, 1740
Collocazione: 16. a. I. 39

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