Nella prima metà del Quattrocento, mentre si sviluppa la grande cultura umanistica, la presenza di Dante, pur controversa, è un punto di riferimento nel dibattito teorico.
Tra i commenti danteschi dei primi decenni, è rilevante quello del francescano Giovanni Bertoldi da Serravalle, steso nel 1416-17, attento agli aspetti morali e spirituali ma basato anche su quello di Benvenuto da Imola.
A Firenze, il culto di Dante sopravvive e si intreccia variamente con la cultura umanistica. Nell’ambito delle biografie dantesche ha notevole importanza quella di Leonardo Bruni, scritta nel 1436. Mentre Boccaccio si concentrava sugli aspetti letterari, Bruni esalta soprattutto l’impegno civile, l’azione politica e il patriottismo di Dante.
Alla tendenza di Bruni reagì tra gli altri l’umanista fiorentino Giannozzo Manetti che scrisse verso il 1440 una Vita di Dante in cui torna ad esaltare la sua natura di contemplativo e di letterato di contro alla dimensione attiva e politica messa in primo piano da Bruni.
Nella seconda metà del Quattrocento spicca il contributo di Cristoforo Landino, autore di un grande commento al poema in cui prevale l’interpretazione allegorica in chiave neoplatonica e ficiniana.
Pubblicato nel 1481, con le splendide illustrazioni tratte da disegni di Botticelli, il commento avrà un enorme successo e una vasta influenza per tutto il Cinquecento.
Di rilievo anche l’ottica fiorentina e il tentativo di minimizzare i motivi di contrasto tra il poeta e la sua città, per esaltare Dante come una gloria fiorentina senza ombre. Al suo Comento Landino premette infatti una Apologia nella quale si difende Dante e Florenzia da’ falsi calunniatori.
Oltre a questa difesa del patriottismo di Dante e insieme di Firenze, patria comune, Landino celebra l’equilibrio di vita attiva e vita contemplativa nella biografia di Dante, reagendo alle diverse posizioni di Bruni e di Manetti.
Il commento di Landino, uscito nel 1481 a Firenze, ebbe poi numerose ristampe, soprattutto a Venezia, dal 1484 al 1536.