I commenti del Cinquecento


Il commento di Landino continua a essere tra i più diffusi anche nel Cinquecento, secolo che vede però un rapporto complesso con il modello dantesco, anche per il giudizio limitativo espresso da Pietro Bembo.

La tradizione dei commenti è rinnovata in particolare da quello di Alessandro Vellutello (1544), il primo a cercare di sostituirsi al Landino, che aveva dominato il campo per oltre sessant’anni, ed è animato da un forte spirito antibembesco. Diversamente da Landino e dalle tendenze variamente allegorizzanti, Vellutello si propone il compito principale di chiarificazione del testo e mostra attenzione anche alle fonti storiche e filosofiche.

Rimasero invece inedite le importanti lezioni dantesche del veneziano Trifon Gabriele, attente soprattutto alla dimensione retorica del testo, su posizioni di ispirazione bembesca. Largamente debitore di tali lezioni è però il commento di Bernardino Daniello, apparso postumo a Venezia nel 1568 e non più ristampato.

Il commento del Landino, ormai superato nei gusti del pubblico, non viene più ristampato dopo il 1536, ma nel 1564 Francesco Sansovino appronta un’edizione che intreccia il commento di Landino con quello del Vellutello.

L’operazione ebbe un certo successo e se ne ebbero due ristampe, nel 1578 e nel 1596.

Ben poco successo ebbe invece il Discorso sulla prima cantica della Commedia del fiorentino Vincenzo Bonanni, stampato nel 1572, che resta tuttavia un esempio interessante di applicazione della Poetica aristotelica alla lettura del poema dantesco, anche se in modi troppo ingenui e meccanici.

Vincenzo Buonanni, Discorso di Vincentzio [!] Buonanni, sopra la prima cantica del divinissimo theologo Dante d’Alighieri del bello nobilissimo fiorentino, intitolata Commedia.
Firenze, Bartolomeo Sermartelli, 1572. 4°
10.ZZ*.IV.2