Da 800 anni c’è un legame profondo tra Domenico e Bologna. Nel 1221 il fondatore dell’Ordine dei predicatori morì in città, scelta per i suoi frati perché tra i maggiori centri culturali dell’epoca.
In un rapporto simbiotico con la società urbana, i predicatori (in primis Domenicani e Francescani) contribuirono a formare un orizzonte culturale e religioso largamente condiviso – mai però univoco. Simbolo di tale legame, l’immagine che guida la mostra riproduce Domenico che regge in mano una città. Era una rivendicazione precisa. E nella Firenze di Savonarola o nella Wittenberg di Lutero trovò tentativi di attuazione.
La predicazione poteva infatti aggregare, creare consenso e, al contempo, essere un’arma contro i «nemici della fede».
Nell’immaginario escatologico, una battaglia tra pulpiti si annunciava all’ombra dell’Anticristo. Uno scenario riattualizzato nell’età della Riforma.
Guardare i libri legati alla predicazione è allora un modo per recuperare «una voce nella città». Certo non unica, ma cruciale. Nel silenzio dei libri, parole e immagini ridanno voce a questi maestri della comunicazione che, nel bene e nel male, contribuirono a plasmare la nostra società.