La voce nei libri: istruire l’anima

Alla fine del medioevo, le persone capaci di leggere sono una minoranza, ma una minoranza in forte crescita. Tra queste donne e uomini, molti cercano nei libri un nutrimento dell’anima e un sostengo per una vita cristiana più intensa. In un dinamico gioco di richieste e proposte, molti predicatori sono attenti a questo fenomeno, seguito e incoraggiato.
Le parole pronunciate sul pulpito potevano infatti essere trasformate ed entrare negli spazi domestici o confraternali.

In Italia alcuni frati predicatori – grazie a un precoce uso del volgare – si affermano come maestri spirituali. I temi trattati, spesso con finezza, sono quelli centrali nella teologia e devozione del tempo: la Passione, la penitenza, la preghiera. Intorno al 1330, Domenico Cavalca († 1342) condensa nello Specchio della croce una spiritualità cristocentrica: si invita a guardare al Crocifisso come al «maestro in cattedra che insegna» e al «libro nel quale è scritta e abbreviata tutta la legge», sottolineando poi – con un registro affettuoso e drammatico – che «Cristo in croce sta come uomo innamorato».

Domenico Cavalca, Specchio di croce.
Firenze, Antonio Miscomini, 14 novembre 1493. 4°
16.H.VI.23

Una legame forte con la predicazione si ha nello Specchio di vera penitenza di Iacopo Passavanti († 1357), dove il frate rielabora i sermoni tenuti nella quaresima del 1354, mosso – così dice – dall’«affettuoso priego di molte persone spirituali e devote» che lo esortavano a scrivere quanto insegnava dal pulpito.

Jacopo Passavanti, Specchio di vera penitentia. Firenze, [Bartolomeo de’ Libri], 12 marzo 1495 [1496]. 4° 10.ZZ.V.20

Il tema della penitenza è centrale anche nella Medicina dell’anima, un ‘catechismo’ scritto da Antonino Pierozzi (1389-1459), teologo domenicano, divenuto vescovo di Firenze nel 1446 (e proclamato poi santo nel 1523). Antonino si rivolge in particolare a «quelli che hano cura de anime», scrivendo «per aiutare li simplici sacerdoti» che non conoscono il latino, perché abbiano almeno le nozioni fondamentali per il loro ministero.

Antonio di Firenze, Medicina dell’anima. Seguono: Trattato dell’excommunicazione. Tommaso d’Aquino: Orazione laquale [!] diceva quando andava a celebrare. Orazione che se fa dopo la comunione. Li dieci comandamenti volgare fatti in rima. Credo volgare fatto in rima.
Bologna, [Baldassarre Azzoguidi], 1472. 4°
16.O.IV.19

Un terzo tema cruciale è l’arte della preghiera. Nel 1522/4 Ludovico Pittorio – autore già incontrato – sceglie la via biblica, traducendo e commentando i salmi. Garantito dall’approvazione di «frate Domenico Reggio viceinquisitore nostro de Ferrara», il testo è rivolto anzitutto alle monache e alle «altre persone devote e del latino ignare».

Lodovico Pittorio, Psalterio Davitico … moralmente in forma de omeliario con lo latino intertexto declarato, & de sententia in sententia volgarezzato, ad consolatione maximamente de le spose di Iesu Christo vergini moniali & de altre persone devote & del latino ignare.
Bologna, eredi di Benedetto Faelli il vecchio, 2 ottobre 1524. 4°
16.P.IV.4

Pochi decenni prima, Savonarola († 1498) invitava invece tutti i fedeli a praticare l’orazione mentale. La preghiera personale e interiore era giudicata migliore di quella solo vocale e collettiva «perché ella congiunge più l’anima con Dio», favorendo il processo di conformazione alla Passione di Cristo. L’immagine sul frontespizio offre al lettore il modello a cui ispirarsi: un fedele inginocchiato davanti al Cristo crocifisso.

Girolamo Savonarola, Dell’orazione mentale.
[Firenze, Bartolomeo de’ Libri, prima del settembre 1495]. 4°
16.H.VI.7

Punto focale della devozione del tempo, la Passione domina anche altri frontespizi, in forma narrativa con la scena del Calvario o simbolico-eucaristica là dove Cristo versa il sangue nel calice (come visto nello Specchio della croce e nello Specchio di penitenza).
Approfondire la vita interiore, certo, ma ricordando che «la fede senza le opere è morta». È l’esortazione di un frate minore che nel 1488 rielabora per le monache del Corpus Domini di Cremona quanto scritto «ad instantia particulare de alcuni soi in Cristo figlioli e figliole». Trattando un tema che diverrà scottante pochi decenni dopo, il frate esorta a una fede operosa, perché «volle Dio facti e non parole». Il ritornello della lauda inserita nel testo non potrebbero essere più esplicito: «Fatiamo facti, or fatiamo facti, | se Yesu Cristo in verità amiamo, | ogni ora fatiamo facti».

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