Ascoltatrici certo, ma anche interlocutrici e – in alcuni casi – maestre di vita. Fin dalle origini degli ordini mendicanti, alcune donne colsero la novità dalle parole e dall’esempio di questi frati e divennero protagoniste del rinnovamento religioso. Notissimo il caso di Chiara d’Assisi (1194-1253). Non meno significativo quello della nobile bolognese Diana degli Andalò († 1236) che fu in stretto contatto (anche epistolare) con i fondatori dell’Ordine dei predicatori. Nei secoli successivi, alcune madri spirituali seppero conquistare un ruolo di grande rilievo. Trovarono i canali non solo per parlare ma anche per farsi ascoltare. Caso emblematico è Caterina da Siena (1357-1380), canonizzata nel 1461.
Se le donne non potevano (in linea di massima) assumere il ruolo pubblico di predicatrici, il carisma profetico apriva un varco alla loro voce: ecco allora che Caterina è raffigurata mentre detta a tre segretari le sue parole divinamente ispirate, garanzia di un’autorità sovrana.
Nel 1456, i frati minori di Bologna si adoperarono per riportare nella sua città natale un’altra Caterina, la clarissa Caterina Vigri (1413-1463), considerata una «santa viva». Dopo la sua morte, il corpo incorrotto venne conservato seduto in cattedra, in posizione di maestra, come tutt’ora si trova nel Monastero del Corpus Domini. Il prodigio ne rafforzava l’autorevolezza, tanto da essere così ritratta in apertura delle sue opere.
I suoi scritti – dove ad esempio invitava a conoscere la Scrittura e considerarla una madre a cui chiedere consiglio – furono ripetutamente stampati, trasmettendo i suoi insegnamenti ben al di là della cerchia delle consorelle.
Uno spazio nuovo per presentare un discorso religioso in pubblico poteva poi essere il palcoscenico. È il caso, straordinario, di Antonia Pulci († 1501). Ancora laica, scrisse sacre rappresentazioni a tema biblico e agiografico – veri sermoni «in forma di teatro» – che vennero non solo recitate nelle confraternite, ma stampate numerose volte tra Quattro e Cinquecento.