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Filli di Sciro, favola pastorale del conte
Guidubaldo De' Bonarelli. Detto l'Aggiunto, accademico Intrepido.
Da essa Accademia dedicata al seremiss. Signor, Don Francesco Maria
Feltrio dalla Rovere duca VI di Urbino.
Amsterdam, Stamperia di Daniel
Elsevier, 1678, in Parigi si vende presso Thomas Jolly (4.d. 470)
L'esemplare, recante sei carte illustrate, risulta privo dell'antiporta
e carta di tavola incise da Sebastien Le Clerc (1563-1608). Il dramma
pastorale Filli di Sciro del conte anconitano Guidobaldo
Bonarelli della Rovere (1563-1608) fu messo in scena la prima volta
alla corte di Ferrara nel 1604, ma l'opera venne stampata nel 1607.
Rappresenta un originale rifacimento della Leggenda di Florio
e Biancofiore. La Filli, oggi dimenticata, godette di
un grande successo per tutto il XVI secolo, tradotta in francese,
in inglese e in olandese. Carducci ne collezionò diverse
edizioni, fra le altre, tre sono presenti nella stanza da letto
(Parigi, Cramoisy, 1644; Mantova, Pazzoni, 1703; Londra, Nardini,
Dulau, 1800). «Né però avea tutt'i torti il
p. Rapin [René Rapin] trovando che il Tasso il Guarini il
Bonarelli e più il Marini produssero una troppo squisita
eleganza di pastori; e qualche ragione aveva il Gravina pigliando
le cose più d'alto. La pastorale è, in fondo, un genere
che dall'idealizzazione sdrucciola facilmente nel falso; ma uscita
dal cuore e dall'ingegno d'un vero poeta aveva sedotto il popolo»
(G. Carducci, Storia dell'Aminta).
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