La teriaca era un antidoto usato fin dall’antichità contro il morso dei serpenti: la sua formulazione più famosa risale al medico Galeno vissuto nel II secolo d. C. Nel Medioevo la teriaca fu considerata una panacea per tutti i mali e la sua ricetta divenne questione di fondamentale dibattito di contesa per medici e speziali.
Preparazione. La preparazione della teriaca nel cortile dell’Archiginnasio, come doveva apparire alla fine del Settecento: alla presenza dei medici, degli speziali e con grande concorso di dame e cavalieri, si dava inizio alla grande “polentata”. La lunga operazione durava un paio di mesi (quando era rapida “solamente” quaranta giorni).
A fine cottura la teriaca veniva lasciata raffreddare e poi distribuita in vasi piccoli per le singole farmacie che l’avevano prenotata, e in qualche vaso più grande che veniva conservato dalla Compagnia degli speziali per successive ordinazioni. Anche i droghieri avevano facoltà di vendere la teriaca e la vendita del farmaco era assolutamente liberalizzata in occasione di epidemie.
La ricetta.
Nella formula di Galeno si contano più di sessanta ingredienti, fra i quali la carne di vipera, opportunamente spellata, bollita, pestata e impastata con pane grattugiato, e decine di erbe officinali, essiccate e cotte per tempi differenti, miscelate secondo rigidi dosaggi, con l’aggiunta del cinnamomo (la cannella). A Bologna ogni anno, in occasione della solenne preparazione della Teriaca nel cortile dell’Archiginnasio, si riproponeva da parte degli speziali e dei medici dello Studio il fondamentale problema della fedeltà della ricetta alla formula originaria.
La teriaca fu in grande auge dal XV al XVIII secolo e venne inserita ufficialmente negli Antidotari (farmacopee ufficiali) italiani; nel 1823, passata la bufera napoleonica e ripristinato il governo pontificio, la Commissione provinciale di Sanità la inserì a pieno titolo nella Tariffa dei medicinali, e venne prodotta ancora fino ai primi anni del ‘900.