La ricerca storico-artistica di Francesco Arcangeli appare cronologicamente discontinua perché si focalizza soprattutto sulla lunga “durata” del rapporto costante tra arte e vita nelle opere di artisti di epoche diverse che hanno tenuto insieme creazione artistica e inquietudine esistenziale. Arcangeli tenta di dipanare i fili estremamente sottili che restano sottesi alle principali correnti artistiche identificate dalla storia dell’arte ufficiale, fili che esulano dalle categorie artistiche codificate. Si delinea così un percorso di ricerca storico-artistica ondivago che progredisce retrocedendo e si precisa sotto la spinta di una forza che viene dal passato e sopravvive nel presente.
Infatti, negli anni ’40 egli si concentra sull’Impressionismo (in particolare Monet), nel quale individua una potenzialità espressiva nell’interazione tra uomo e natura (dalla pittura en plein air alla tecnica delle ombre colorate), che non anticipa l’astrattismo ma l’informale. Poi, negli anni ’50 sposta l’attenzione sugli artisti della corrente italiana del “naturalismo informale”, che definisce come gli “ultimi naturalisti” (ovvero Morlotti, Moreni, Mandelli) perché non rompono con la tradizione ma sperimentano una violenta immersione dell’artista nel paesaggio circostante. In seguito, negli anni ’60 retrocede con i suoi studi fino all’estetica romantica di primo Ottocento (in particolare gli inglesi Constable e Turner), nella quale rintraccia i primi segnali di una visione del mondo fondata sul rapporto “sentimentale” tra uomo e natura.
Questi fili sottili lo conducono alla definizione del concetto di “tramando”, ovvero l’ininterrotto recupero della tradizione con soluzioni espressive di volta in volta diverse che le conferiscono sempre nuova vitalità, così la storia dell’arte si configura come l’indagine della continuità invece di una cristallizzazione della discontinuità in una successione di paradigmi artistici contrapposti. In questo senso, l’opera d’arte può essere intesa come una “porta” che unisce la sedimentazione culturale del passato e l’attualità dell’artista che la realizza, consentendo di fare esperienza del mutamento delle forme e del tempo. Lo sguardo di Arcangeli sulla storia dell’arte risulta allo stesso tempo militante e inattuale, perché prova a dialogare non solo con gli artisti contemporanei impegnati a ritrovare un nuovo rapporto diretto con la natura (dopo la degradazione dell’uomo attuata dai totalitarismi e la dissoluzione della natura causata dalla società dei consumi), ma anche con gli artisti della tradizione occidentale, ormai canonizzati, nei quali è possibile individuare elementi di una faticosa sintonia tra l’essere umano e il mondo che lo contiene.