L’interesse di Arcangeli per l’arte informale, o meglio per il “naturalismo informale”, va inteso come il tentativo di individuare una corrente artistica contemporanea che apparentemente rompe con la tradizione artistica precedente, ma in realtà delinea una possibilità di sopravvivenza dell’arte e dell’essere umano in un momento di profonda crisi a metà Novecento. Infatti, l’arte informale (Tapié e Fautrier in Francia; Pollock negli Stati Uniti; gli “ultimi naturalisti” italiani) si colloca a cavallo del secondo conflitto mondiale proponendo una prospettiva particolare sul mondo: non si rifugia nell’autarchia formale dell’astrattismo ma scava nella ferita viva di una umanità che ha perduto la capacità di stare a contatto con il mistero della natura, come madre/matrigna. I due poli dello scontro traumatico sono sempre vita e natura.
Questa è la ragione per la quale Arcangeli in due saggi fondamentali Gli ultimi naturalisti (1954) e Una situazione non improbabile (1957) tenta di delineare un legame di “tramando” a ritroso tra informale, impressionismo e romanticismo in base a una affinità sentimentale e intellettuale. Per Arcangeli è possibile individuare una continuità sotterranea che lega momenti lontani nella storia dell’arte, accomunati dalla medesima necessità di indagare lo scontro traumatico tra vita e natura: «Non si potevano fermare le cose, è ovvio, ma tenerle “in rapporto” con la visione post-copernicana del limite naturale dell’uomo. Umanità non umanesimo; l’uomo è una canna che pensa, ma è una canna». Arcangeli riesce a delineare una situazione tutt’altro che “improbabile” per l’arte contemporanea, soprattutto italiana, una fase di transizione in una direzione indefinita.
Il dibattito scaturito dalle sue riflessioni è ampio e coinvolge storici dell’arte, artisti e scrittori. In particolare, Arcangeli intrattiene un fitto scambio epistolare negli anni ’50 con Ennio Morlotti e Giovanni Testori in merito all’interpretazione dell’arte informale. L’anno fondamentale è il 1954: Morlotti dipinge una serie di paesaggi sperimentali; Arcangeli pubblica il saggio sugli “ultimi naturalisti” in “Paragone”; Testori dà alle stampe la sua prima opera narrativa Il dio di Roserio, dopo una monografia su Morlotti nel 1952. Si crea un intenso confronto tra personalità diverse che spesso non sono d’accordo ma si motivano a vicenda alla ricerca di nuovi principi estetici. Scrive Arcangeli su Morlotti, definendo la sua visione dell’informale: «Se la prima rivolta dell’“informale” fu, probabilmente, quella dello scandaglio entro se stessi, del tuffo silenzioso entro il gorgo segreto della propria coscienza (in questa direzione la punta più penetrante fu certo Wols), il movente ulteriore, secondo la molla prepotente e sacrale d’un eros che copriva la dimensione del mondo fisico, fu la riscoperta d’una nuova, più amorosa, più inquietante natura». Anche Italo Calvino, dopo aver letto il saggio del 1957, scrive ad Arcangeli per complimentarsi per aver il suo «importantissimo manifesto d’un nuovo romanticismo», una possibile terza via al “realismo” che ambisce a mantenere la complessità nella semplificazione.