Edgardo Mortara – Papa Pio IX – Momolo e Marianna Mortara – Anna Morisi – Pier Gaetano Feletti – Michele Viale Prelà – Giuseppe Milesi Pironi Ferretti – Francesco Jussi – Giacomo Antonelli – Luigi De Dominicis – Altri protagonisti
Edgardo Mortara
Edgardo Mortara (Bologna, 27 agosto 1851 – Bouhay, Belgio, 11 marzo 1940) nacque da Salomone (Momolo) Mortara e Marianna Padovani, una coppia di commercianti ebrei. Battezzato quando aveva pochi mesi, all’insaputa dei genitori, dalla domestica Anna Morisi, all’età di sei anni venne separato dalla famiglia per essere educato nella fede cattolica. Prelevato da casa sua per ordine dell’inquisitore Pier Gaetano Feletti, viene portato a Roma presso la Casa dei catecumeni dove gli viene impartita un’educazione cattolica. Da quel momento ebbe solo sporadici e rari incontri con la sua famiglia, sempre sotto la supervisione del clero, mentre stabilì uno stretto rapporto con il papa Pio IX, che si oppose sempre alla restituzione del bambino alla famiglia. All’età di 13 anni, per continuare il suo percorso di formazione religiosa, venne trasferito nel complesso di San Pietro in Vincoli presso i Canonici regolari lateranensi. Dopo aver pronunciato nel 1867 i voti semplici decise di cambiare il suo nome in Pio Maria, in onore del ‘padre adottivo’, papa Pio IX, che gli aveva sempre dedicato una particolare attenzione. Quando le truppe italiane entrarono a Roma nel 1870, ricevette la visita del fratello Riccardo desideroso di riportarlo in famiglia. Egli però rifiutò e, temendo che il ricongiungimento gli venisse imposto, lasciò Roma in abiti borghesi con un confratello e si diresse a Bressanone dove visse nel convento di Novacella sotto falso nome. Lì nel 1871 pronunciò i voti solenni e nel 1873 ricevette l’ordinazione sacerdotale a Poitiers. Dedicò i successivi trent’anni alla predicazione, viaggiando in tutta Europa e nord America. Era in grado di parlare nove lingue. Nel 1906 si ritirò nel monastero dei canonici regolari di Bouhay, vicino a Liegi, dedicandosi allo studio e alla preghiera e qui morì nel 1940, poco tempo prima dell’invasione tedesca.
Papa Pio IX
Giovanni Maria Mastai-Ferretti (Senigallia, 13 maggio 1792 – Roma, 7 febbraio 1878) era nato da una famiglia di agiati proprietari agrari. Venne destinato agli studi religiosi, spesso però interrotti da una grave forma di epilessia. Animato da sincera devozione religiosa, ottenne gli ordini ecclesiastici nel 1819; nel 1825 venne nominato presidente dell’Istituto di S. Michele (la più importante opera assistenziale dell’Urbe), nel 1827 Vescovo di Spoleto e nel 1832 Arcivescovo di Imola per essere poi nominato cardinale nel 1840. Il Conclave riunitosi nel 1846 a seguito della morte di Papa Gregorio XVI, lo elesse papa in soli due giorni. Salito al soglio pontificio col nome di Pio IX avviò una serie di riforme e innovazioni: concedette l’amnistia ai condannati politici, maggiori diritti e una certa libertà agli ebrei e una moderata libertà di stampa, istituì un Consiglio dei ministri, la Consulta di Stato, predispose la creazione di una Lega Doganale con gli Stati Italiani, avviò i lavori per la costruzione delle prime ferrovie e dell’illuminazione a gas delle strade. Tuttavia i moti rivoluzionari del 1848, la fuga a Gaeta e la proclamazione della Repubblica Romana influirono in modo decisivo sulle politiche di Pio IX: rientrato a Roma nel 1850 abbandonò l’indirizzo liberale seguito fino a quel momento. Delegando la gestione delle relazioni politiche ed economiche al fidato segretario di stato Giacomo Antonelli, si occupò di questioni dottrinali e teologiche. Con la bolla Ineffabilis Deus del 1854 istituì il dogma dell’Immacolata Concezione, nel 1864 promulgò l’enciclica Quanta cura e il Sillabo in cui si condannavano i più pericolosi “errori” del mondo moderno. Nel 1870, all’interno del Concilio Vaticano I, venne promulgato inoltre il dogma della infallibilità papale. I contrasti col nascente Stato italiano si fecero sempre più aspri: dopo la presa di Roma nel 1870, il Papa non accettò la Legge delle Guarentigie e arrivò alla proclamazione della Non expedit (1874) che vietava ai cattolici di partecipare alla vita politica dello Stato italiano. Il suo regno, lungo 32 anni, segnò il passaggio da un potere ancora di tipo medievale all’idea moderna di pontefice, capo solo spirituale della comunità.
Papa Pio IX morì il 7 febbraio 1878, un mese dopo la morte del fautore della fine del suo potere temporale: Re Vittorio Emanuele II.
Nel 2000 Pio IX viene proclamato Beato dal papa Giovanni Paolo II suscitando il disappunto delle comunità ebraiche e dei discendenti della famiglia Mortara.
Altri ritratti di Pio IX nella raccolta Facies della Biblioteca dell’Archiginnasio
Momolo e Marianna Mortara
Salomone (Momolo) Levi Mortara nacque nel 1816 da una famiglia di mercanti di Reggio Emilia. Sposò nel 1843 la modenese Marianna Padovani, anch’essa figlia di commercianti, e con lei si trasferì a Bologna nel 1850, gestendo un’attività commerciale.
Momolo e Marianna ebbero nove figli: Riccardo, Ernesta ed Erminia, gemelle, Augusto, Arnoldo, Edgardo, Ercole, Imelda e Aristide nato dopo il rapimento di Edgardo; un altro figlio, Aristide, era morto all’età di un anno. In seguito al rapimento del figlio Edgardo, tra il 1859 e il 1860 Momolo e Marianna trascorsero lunghi periodi a Roma e all’estero cercando di ottenere la sua liberazione con il supporto delle comunità ebraiche nazionali ed internazionali. Le lunghe assenze portarono al declino degli affari e decisero di trasferirsi a Torino, dove gli ebrei godevano di una migliore condizione. La presa di Roma, nel 1870, con il definitivo crollo del potere temporale del papa sembrò offrire l’occasione di riavere il figlio ormai ventenne, ma ciò fu reso impossibile dal rifiuto di Edgardo che abbracciò pienamente il nuovo credo, fino a scegliere la carriera ecclesiastica. Dopo un periodo a Torino, Momolo si trasferì a Firenze con la famiglia e qui fu imputato in un processo per l’omicidio della domestica Rosa Tognazzi, morta in seguito ad una misteriosa caduta da una finestra di casa Mortara. Nel 1871, dopo sette mesi di carcere, venne assolto, ma morì nel 1872 a causa dell’aggravato stato di salute. Marianna riuscì a rincontrare Edgardo in Francia nel 1878, dopo la morte di Pio IX, e da allora mantenne con lui una regolare corrispondenza ed ebbe altri incontri. Marianna Mortara morì nel 1895.
Si ritiene che la famiglia Mortara si sia trasferita a Bologna nel 1850, provenendo da Reggio Emilia, ma alcuni documenti conservati presso l’Archivio storico della Camera di Commercio testimoniano della presenza di Momolo in città già dal 1839. Nel documento datato 5 luglio 1841 Momolo Mortara e Isach Cesare De Angeli, entrambi residenti a Bologna, chiedono alla Camera di Commercio di Bologna di essere registrati per svolgere insieme l’attività di vendita di tessuti, avendo già contratto accordo verbale per svolgere tale attività nel 1839.
Cesare De Angeli sposa Rosina Padovani, sorella di Marianna, moglie di Momolo. Dopo il “ratto” di Edgardo, Cesare e Angelo Padovani, fratello di Marianna, si recano a San Giovanni in Persiceto per parlare con Anna Morisi, nel tentativo di raccogliere informazioni dirette sul battesimo di Edgardo.
Anna Morisi
Di Anna Maria Morisi, detta Nina, non si conoscono fotografie o ritratti, cosa comune per le ragazze della sua epoca soprattutto se di umili origini, studiosi di storia locale hanno scandagliato gli archivi senza poter aggiungere molte notizie alle poche conosciute. Anna era una tipica ragazza del popolo che ebbe nella vicenda Mortara un ruolo di primo piano. Nata a San Giovanni in Persiceto, in base alle sue dichiarazioni lei stessa non sembra conoscere con esattezza la sua età; tuttavia dagli atti del processo all’inquisitore Feletti risulta nata e battezzata il 28 novembre 1833. Venne assunta come domestica dai coniugi Mortara, in violazione della norma che proibiva agli ebrei di assumere personale cristiano. Restò con loro diversi anni, ma nel 1858 era già impiegata presso un’altra famiglia.
Nel 1852, credendolo in pericolo di vita, somministrò a Edgardo il battesimo, il gesto che diede inizio alla vicenda. Il fatto, però, venne alla luce solo alcuni anni dopo provocando l’intervento dell’Inquisizione. Analfabeta, inconsapevole anche della sua età, venne messa in dubbio la sua capacità di compiere coscientemente l’atto del battesimo. Durante il processo all’inquisitore, che si tenne all’inizio del 1860, testimoniò più volte; in occasione di alcune di queste testimonianze venne descritta come una ragazza di “liberi costumi” e non specchiata onestà. Di padre ignoto lei stessa, sembra aver partorito due volte senza essere sposata e anche mentre era presso i Mortara interruppe il servizio per una gravidanza e lo riprese dopo il parto. In anni successivi viene descritta come una donna abbastanza agiata che risiedeva in via Riva di Reno dove gestiva un’attività di lavanderia. Sull’origine di questo cambio di condizione sociale si fecero illazioni sul compenso che avrebbe riscosso per aver denunciato il suo gesto all’inquisizione, ma altre fonti sostennero che i proventi derivassero dalla sua attività di prostituta. Nella dichiarazione al processo risulta sposata a Giuseppe Buongiovanni; morì a Copparo, nel ferrarese, dove aveva aperto una piccola stireria.
Anna Morisi viene presentata da una delle parti in causa come una donna cinica e amorale che approfitta della vicenda di Edgardo per ottenere vantaggi economici, ma corrisponde del tutto alla realtà? Non potremo mai appurarlo con certezza, screditare Anna Morisi rispondeva allo scopo di mettere in discussione la validità stessa del battesimo in quanto amministrato da persona non degna, e dunque questa carta fu giocata, nel tentativo disperato di incrinare la solidità della decisione papale.
Probabilmente Anna Morisi era soltanto una delle tante povere ragazze di campagna, che giovanissime e senza alcuna istruzione, venivano mandate dalle famiglie povere del contado a prestare servizio nelle case di città, per le quali anche la vendita del proprio corpo poteva occasionalmente costituire strategia di sopravvivenza, e forse fu coinvolta in una vicenda più grande di lei, da parte di persone senza scrupoli che approfittarono della sua umile condizione per raggiungere i propri scopi.
Pier Gaetano Feletti
Pier Gaetano Feletti (Comacchio, 1° ottobre 1797 – Roma, 4 giugno 1881) intraprese la vita ecclesiastica in giovane età, avvicinandosi all’ordine domenicano. Studiò a Viterbo e a Roma e successivamente insegnò filosofia e lettere sacre nei conventi di Forlì e di Ascoli Piceno.
A Bologna fu “maestro di studi” presso il Convento di San Domenico e fu nominato Vicario dell’Inquisitore. Venne poi nominato Inquisitore egli stesso nel 1839, e ricoprì la carica fino al 1859. A seguito della cacciata delle forze pontificie da Bologna, Feletti fu arrestato per aver comandato la cattura di Edgardo Mortara e incarcerato nel cosiddetto carcere del “Torrone”. A seguito di un processo durato tre mesi fu dichiarato non colpevole e rilasciato. Non essendo più sicuro per lui risiedere a Bologna si trasferì a Roma dove venne nominato priore di un convento domenicano. Benchè non più giovane, viaggiò molto per predicare nelle principali città italiane. Morì nel suo convento nel 1881, a 84 anni. Pier Gaetano Feletti è stato l’ultimo inquisitore di Bologna.
Michele Viale Prelà
Michele Viale Prelà (Bastia, 29 settembre 1798 – Bologna, 15 maggio 1860) nacque da una ricca famiglia corsa di origine genovese. Venne destinato alla vita religiosa e, presi gli ordini nel 1823, intraprese la carriera diplomatica. Divenne nunzio apostolico a Monaco di Baviera nel 1841 e nel 1845 a Vienna. Intimo amico di Klemens von Metternich, cancelliere dell’Impero austriaco, riuscì a far siglare un importante concordato tra l’Impero e la Santa Sede. Fu nominato cardinale nel 1853 e Arcivescovo di Bologna nel 1855, un compito pastorale probabilmente a lui sgradito vista la brillante carriera diplomatica svolta fino a quel momento. Si trasferì a Bologna quasi un anno dopo la sua nomina e trovò una popolazione poco incline a seguire le norme religiose troppo rigide che tentò di imporre. Governò con rigore e intransigenza e per questo non fu particolarmente apprezzato dai bolognesi. Fondò il giornale «L’ Osservatore bolognese» per combattere le idee liberali e avviò una campagna di predicazione nella diocesi. Rimase in città anche dopo che le truppe piemontesi entrarono a Bologna e rovesciarono il governo papale, ma non accettò il nuovo ordine opponendosi strenuamente ad esso e vietando ai parroci le messe a celebrazione del nuovo regime. A causa dell’aggravarsi del suo stato di salute morì, a soli 61 anni, nel 1860. Il suo successore come arcivescovo di Bologna fu nominato solo tre anni dopo, in un clima di forte tensione tra la Chiesa bolognese e le autorità del nuovo Stato italiano. «Il Diavoletto» dedica un caustico Cenno necrologico alla sua morte avvenuta il 15 maggio 1860. Di tenore completamente opposto il necrologio apparso su «La Civiltà cattolica».
Altri ritratti nella raccolta Facies
Giuseppe Milesi Pironi Ferretti
Il cardinale Giuseppe Milesi Pironi Ferretti (Ancona, 9 marzo 1817 – Roma, 2 agosto 1873) fu l’ultimo legato pontificio di Bologna. Proveniente da una nobile famiglia di origine bergamasca stabilitasi ad Ancona, era lontano parente di Pio IX. Nel 1839 divenne prelato domestico di Gregorio XVI e, tra il 1839 e il 1842, fu assessore dei tribunali criminali e segretario dei confini. Fu delegato pontificio in diverse città e dal 1854 ministro del Commercio e dei lavori pubblici. Nel concistoro del 15 marzo 1858 gli fu conferita la porpora cardinalizia, con il titolo di cardinale prete di S. Maria in Aracoeli.
Come ministro del Commercio e dei lavori pubblici, promosse l’introduzione nello Stato pontificio del telegrafo elettrico che collegò tutti i territori della Chiesa e fu attivo anche nella realizzazione dei progetti ferroviari.
Dal marzo 1858 fu legato a Bologna da dove fuggì, il 12 giugno 1859, al seguito del presidio austriaco, con l’ingresso dei piemontesi in città.
Successivamente fu nominato abate della chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane a Roma e dal 1869 divenne camerlengo del S. Collegio cardinalizio.
Nel 1870 fu consacrato vescovo di Porto e S. Rufina, incarico che tenne fino alla morte che avvenne il 2 agosto 1873.
Francesco Jussi
Avvocato bolognese, Jussi era esponente del partito dei liberali democratici, come Marco Minghetti, Alessandro Agucchi e Rodolfo Audinot. Nel 1848 fu tra i fondatori del giornale «L’Unità», che si definiva giornale politico, scientifico e letterario e si presentava come l’organo del partito dei costituzionalisti pontifici.
Jussi risulta compreso nell’elenco degli avvocati bolognesi del 1858 come supplente difensore de’ rei con domicilio in via Castiglione n. 358. Venne incaricato dal tribunale di Bologna della difesa dell’inquisitore Feletti nella causa per il rapimento Mortara. Condusse un’efficace difesa che portò all’assoluzione dell’inquisitore. La sua difesa fu stampata nel 1860 e, successivamente, insieme alla riproduzione dei principali documenti in Studi e Ricordi di Foro Criminale per l’avvocato Francesco Jussi.
Giacomo Antonelli
Giacomo Antonelli (Sonnino, 2 aprile 1806 – Roma, 6 novembre 1876), appartenente ad una famiglia agiata, dopo aver preso gli ordini minori rinunciò alla carriera ecclesiastica e intraprese quella amministrativa nella quale ebbe grande successo. Creato prelato laico fu nominato cardinale diacono nel 1847. Nominato segretario di Stato ebbe un grande ruolo nelle vicende politiche del pontificato di Pio IX del quale organizzò anche la fuga a Gaeta nel 1848. Al ritorno a Roma perseguì una politica assolutistica e antiliberale. Di orientamento reazionario ebbe una grande influenza nel “caso Mortara” e fu lui a trattare con le delegazioni delle comunità ebraiche e delle diplomazie internazionali e a respingere tutti i tentativi di giungere a una soluzione. Contestò energicamente le annessioni territoriali e la nascita del Regno d’Italia.
Luigi De Dominicis
Luigi De Dominicis, tenente colonnello della Gendarmeria pontificia. Eseguì materialmente la sottrazione di Edgardo dalla sua abitazione in via delle Lame. Fu accusato del “ratto” insieme all’inquisitore Feletti e processato in contumacia poiché nel frattempo si era rifugiato nei territori dello Stato della Chiesa
Altri protagonisti
Giuseppe Agostini. Brigadiere dei gendarmi pontifici, faceva parte del gruppo di agenti che si recò a casa Mortara per prelevare Edgardo. Ebbe poi il delicato incarico di condurre il piccolo ebreo a Roma, alla Casa dei catecumeni, in un viaggio in carrozza che durò parecchi giorni. Le sue dichiarazioni sul comportamento di Edgardo durante il tragitto verso Roma contribuirono a diffondere l’idea di un rapido e quasi improvviso avvicinarsi alla religione cattolica da parte del piccolo, che avrebbe così compiuto un vero e proprio percorso dalle tenebre alla luce, quasi miracoloso.
Questa versione del viaggio di Edgardo contrastava con la versione del padre, che raccontava di un bambino disperato e piangente e che chiedeva di poter avere la sua mezuzah, da cui non si separava mai.
Regina Bussolari. Domestica dei vicini di casa dei Mortara ebbe un ruolo rilevante nella scoperta del presunto battesimo. In occasione della malattia di un altro bambino dei Mortara aveva suggerito alla Morisi di procedere col battesimo. Fu sospettata di aver raccontato la vicenda all’inquisitore e venne più volte sentita come testimone anche al processo di Feletti.
Francesco Carboni. Giudice nel processo contro l’inquisitore Feletti è autore della relazione finale con la quale si rinviano a giudizio l’inquisitore Feletti e il tenente colonnello De Dominicis.
Filippo Curletti. Direttore generale della polizia per la Romagna, eseguì l’arresto dell’inquisitore. Personaggio controverso, era uomo di fiducia di Cavour dal quale era stato inviato a Bologna per coadiuvare Luigi Carlo Farini; condusse gli interrogatori di alcuni testimoni. Successivamente fu implicato in un caso di omicidio, ma riuscì a fuggire, probabilmente con la connivenza del potere politico. Nonostante questo, per vendicarsi pubblicò una pesante denuncia dell’operato di Farini e di altri politici che ebbe vasta circolazione.
Cesare Lepori. Droghiere, vicino di casa dei Mortara, secondo il racconto di Anna Morisi fu “l’istigatore” del battesimo. Sentito più volte, nelle sue testimonianze cercò di negare di avere avuto un qualche ruolo nella vicenda.
Pasquale Saragoni. Medico della famiglia Mortara, curò Edgardo e sostenne che al momento del battesimo non versava in pericolo di vita. La sua testimonianza non fu considerata attendibile per le sue opinioni marcatamente anticlericali.
Radamisto Valentini. Sostenne l’accusa contro l’inquisitore Feletti, pronunciando la requisitoria finale.