Nella notte fra il 2 e il 3 gennaio 1860 l’ultimo inquisitore di Bologna, il domenicano Pier Gaetano Feletti (1797-1881), venne arrestato presso il convento di San Domenico dove abitava. L’arresto fu eseguito da Filippo Curletti (Ispettore di P.S.), dall’avvocato Bernardo Buscaglioni (Ispettore di Questura), da Camillo Carboni (aggiunto cancelliere) e dal dottor Girolamo Mazza (addetto alla Direzione di Polizia), con un’adeguata scorta di guardie. Feletti venne consegnato agli ispettori Setacci e Tubertini e portato presso il carcere del tribunale del Torrone dove rimase ristretto fino all’esito del processo nell’aprile successivo.
L’ordine di arresto era esteso a Luigi De Dominicis, tenente colonnello dei Gendarmi pontifici che aveva coordinato il prelievo di Edgardo, ma De Dominicis si era da tempo rifugiato nei territori pontifici e quindi fu accusato in contumacia.
L’arresto di Feletti seguiva la denuncia che Samuel Levi Mortara, nonno paterno di Edgardo, aveva presentato il 30 ottobre 1859 alle nuove autorità. L’ordine era partito da Luigi Carlo Farini, che dal 20 luglio 1859 ricopriva la carica di Dittatore dell’Emilia, lo stesso che il 10 agosto aveva emanato il decreto che riconosceva l’uguaglianza dei cittadini di ogni fede religiosa davanti alla legge e il 14 novembre aveva abolito l’inquisizione negli ex territori pontifici. L’esposto del nonno mirava alla restituzione di Edgardo, ma il nuovo potere non poteva fare nulla in merito visto che il bambino si trovava a Roma; poteva però aprire un procedimento penale contro Feletti, presente a Bologna, con l’accusa di aver rapito Edgardo.
Quello di Feletti fu il primo caso penale perseguito a Bologna dal nuovo regime e i magistrati non avevano ancora maturato esperienza per trattare casi del genere. La tipologia di processo penale adottato fu un procedimento misto: una fase istruttoria per la raccolta delle prove per formulare l’accusa e una successiva dibattimentale affidata ai giudici del tribunale di Bologna che dovevano formulare una sentenza. Solo in questa fase era previsto un difensore.
Nel primo interrogatorio, Feletti dichiarò di non riconoscere l’autorità che lo aveva arrestato e si appellò al segreto del suo ufficio, limitandosi ad esprimere soddisfazione per l’attuale condizione del piccolo Mortara. Nei successivi interrogatori fu più collaborativo accettando di fornire la sua versione dei fatti per quanto di pubblico dominio e riservandosi il segreto per i contenuti degli atti della vicenda.
Nella perquisizione effettuata a San Domenico la documentazione dell’istruttoria che aveva preceduto il “rapimento” di Edgardo non venne rinvenuta. Feletti sostenne che le carte d’archivio sarebbero state vendute al macero dalle nuove autorità, ma lui stesso venne sospettato di averle bruciate dopo la chiusura del suo ufficio.
Il processo a Feletti si tenne il 16 aprile 1860. Era chiaro che non ci sarebbero stati effetti pratici sulla vicenda – Edgardo era da tempo a Roma ancora in mano al Papa – ma lo scopo non dichiarato era di raggiungere obiettivi politici: era un processo al deposto regime che voleva mostrare all’opinione pubblica internazionale le aberrazioni del potere temporale del Papa e del clericalismo.
Si cercò in primo luogo di ricostruire la vicenda del presunto battesimo interrogando, come già aveva fatto l’Inquisizione, Anna Morisi, e raccogliendo testimonianze di altre persone informate della vicenda. Lo scopo era quello di appurare lo svolgimento dei fatti e quanto il “caso Mortara” fosse dovuto allo zelo autonomo e un po’ fanatico di Feletti. Venne anche ascoltato il medico che escluse che Edgardo fosse veramente stato in pericolo di vita, vennero sentiti vicini e datori di lavoro della Morisi per attestarne la moralità ed attendibilità. Si pose inoltre attenzione a ricostruire le varie fasi del rapimento ed il viaggio di Edgardo verso Roma.
L’accusa venne sostenuta da Radamisto Valentini. L’imputato non presenziò in aula e rifiutò anche di nominare un difensore. A rappresentarlo venne incaricato d’ufficio l’avvocato Francesco Jussi.
Nonostante le implicazioni politiche del processo, la linea difensiva di Jussi si concentrò esclusivamente sugli aspetti prettamente tecnici e giuridici della posizione di Feletti.
Su questo presupposto l’avvocato sostenne che Feletti non aveva commesso nessun reato avendo agito sulla base delle leggi vigenti in quel momento a Bologna e con l’avvallo dei suoi superiori. Il Feletti, secondo la difesa, si era limitato ad istruire il processo mentre la decisione sarebbe stata dettata dalla congregazione del Sant’Uffizio presieduta dal Papa stesso.
Parte dei documenti necessari a documentare i passaggi, come si è detto, erano scomparsi, ma la linea difensiva di Jussi risultò molto efficace dal punto di vista tecnico e Feletti venne assolto con una sentenza che riconosceva il rapimento (definito “ablazione”) come “fatto di Principe”.
L’arringa difensiva, come era in uso all’epoca per i processi più famosi, venne stampata e diffusa nell’immediatezza dei fatti e successivamente venne ripresa nelle memorie professionali di Jussi pubblicate nel 1884. In appendice a queste opere verranno anche pubblicati a stampa gli atti del processo con le testimonianze dei principali protagonisti.
Interrogatori di Pier Gaetano Feletti
2 gennaio 1860
23 gennaio 1860
24 gennaio 1960
6 marzo 1860
20 marzo (Nomina del difensore)
I documenti
Il Governatore Luigi Carlo Farini decreta nel 1859 che la Legge sarda del 9 aprile 1850 sull’abolizione dei privilegi del Foro ecclesiastico, e d’immunità e di asilo avrà forza nelle Provincie delle Romagne.
Articolo 3°: Gli ecclesiastici sono soggetti, come gli altri cittadini, a tutte le Leggi dello Stato […].
Scheda – Leggi
Francesco Jussi, difensore di padre Pier Gaetano Feletti, inquisitore di Bologna, pubblica la sua difesa datata 16 aprile 1860, ultimo giorno del processo che porterà alla sentenza di assoluzione dell’imputato. Il testo è di estremo interesse per comprendere alcuni aspetti fondamentali del “caso Mortara”, anche per i numerosi documenti allegati.
L’Allegato P., ad esempio, riporta la testimonianza di Giuseppe Agostini, la guardia pontificia che il 24 giugno 1858 fu incaricata di scortare Edgardo Mortara sulla carrozza che portava il bambino ebreo verso Roma, alla Casa dei Neofiti. La testimonianza di Agostini, che dichiarò tra l’altro che durante il viaggio Edgardo non pianse mai, né mostrò di essere turbato per il distacco violento dai genitori, fu spesso ripresa dai sostenitori dell’operato di Pio IX nel “caso Mortara”.
L’opuscolo dell’Archiginnasio ha una dedica sulla coperta al principe Clemente Spada (1778-1866).
Scheda – Leggi
L’avvocato Francesco Jussi nel 1884 pubblicò una selezione delle cause seguite nella sua lunga carriera, e non poteva mancare la difesa di Pier Gaetano Feletti, l’inquisitore di Bologna processato nel 1860 come responsabile del “ratto” di Edgardo Mortara. Jussi dedica al “caso Mortara” il Cap. XI (p. 177-219) e quasi tutta l’appendice documentaria (p. 243-285): si tratta del testo dell’arringa di Jussi, già pubblicata nel 1860, mentre tra i documenti allegati ve ne sono alcuni che non erano presenti in appendice al testo pubblicato nel 1860.
Da notare l’ultimo allegato (lettera V), in cui Jussi riporta un articolo pubblicato sul giornale cattolico «L’Armonia» il 15 maggio 1860, dove si accenna alla splendida difesa di padre Feletti.
LEGGI
Questo sito dedicato al “caso Mortara”presenta quasi esclusivamente materiale documentario posseduto dalla Biblioteca dell’Archiginnasio, ma per la comprensione del caso non poteva mancare la requisitoria finale della pubblica accusa del 16 aprile 1860, affidata al procuratore fiscale Radamisto Valentini.
Si ringrazia la Biblioteca d’Arte e di Storia di S. Giorgio in Poggiale.
LEGGI
Questo sito presenta quasi esclusivamente documenti posseduti dalla Biblioteca dell’Archiginnasio, ma per la comprensione del caso risulta interessante la lettura dell’atto di accusa redatto dal magistrato Francesco Carboni, datato 7 marzo 1860, con il quale si rinviano a giudizio padre Pier Gaetano Feletti e il tenente colonnello della Gendarmeria pontificia Luigi De Dominicis. Segue la requisitoria finale della pubblica accusa, firmata dal procuratore fiscale Radamisto Valentini, che differisce solo in un paio di passaggi dal documento precendente, la requisitoria finale datata 16 aprile 1860, data di chiusura del processo.
Si ringrazia la Biblioteca d’Arte e di Storia di S. Giorgio in Poggiale.
Scheda catalogo – Leggi
Gioacchino Napoleone Pepoli (1825-1881), cugino dell’Imperatore Napoleone III, cita il “caso Mortara” a p. 22 nel suo rapporto datato 1° novembre 1859 sul governo delle Romagne, riportando la famosa frase pronunciata da Pio IX: Non possumus.
Il testo di Pepoli verrà citato da Francesco Jussi, difensore dell’inquisitore Pier Gaetano Feletti, durante il processo, per dimostrare che l’inquisitore non poteva aver agito di sua iniziativa.
Scheda catalogo – Leggi
In questo opuscolo dedicato al battesimo, vengono fornite precise risposte a quesiti di varia natura su modalità e casi particolari legati all’amministrazione di questo sacramento. Così si precisa che il battesimo deve essere conferito utilizzando acqua pura, e non olio, vino, sudore, lacrime o saliva. E ancora, nel caso che una creatura appena nata sia in pericolo di morte, chi può battezzarla? Risposta: Ogni persona, sia fedele, o infedele, anche una Donna, purché osservi le cose dette di sopra circa la materia, la forma , e l’intenzione [p. 17-18].
Scheda catalogo – Leggi
Nell’opuscolo si riprendono, ampliando le risposte, le domande sul conferimento del battesimo contenute nell’opuscolo Dell’amministrazione del sagramento del battesimo, del 1776. Viene poi aggiunta una seconda parte, dedicata ai doveri delle levatrici. In ultimo si riproduce la circolare n. 720, con la quale si dispone la diffusione dell’opuscolo tra le levatrici da parte dei parroci, che sono tenuti anche a sottoporle a una sorta di verifica annuale sul tema del conferimento del battesimo.
LEGGI
Il papa bolognese Benedetto XIV, al secolo Prospero Lambertini (1675-1758), ha un ruolo rilevante nella comprensione del “caso Mortara”, in quanto autore di due importanti documenti che condizionarono a lungo l’atteggiamento dei pontefici successivi sul tema dei battesimi forzati e delle conversioni. Nei riguardi degli ebrei manifestò in generale posizioni molto rigide, che contrastano con l’immagine benevola che si è imposta a livello popolare grazie alla commedia Il Cardinale Lambertini di Alfredo Testoni.
La prima lettera di Benedetto XIV, insieme ad un’altra sua lettera datata 15 dicembre 1751, risulta citata dalla maggior parte di coloro che fin dal 1858 si sono occupati del “caso Mortara”, perché tratta ampiamente e dettagliatamente dei vari casi in cui è previsto il battesimo degli ebrei, di qualsiasi età e in ogni circostanza.
Vengono presi in esame vari casi, ad esempio quello di un padre, ebreo convertito, che vuole battezzare il figlio contro la volontà della madre ebrea; e ancora, il caso di un nonno che intende far battezzare i propri nipoti contro la volontà dei genitori. Nella lettera si ribadisce comunque che il battesimo è sempre valido, anche quando non sarebbe lecito, per esempio nel caso che venga impartito contro la volontà dei genitori: il criterio applicato nelle due lettere di Benedetto XIV vede sempre il prevalere del favor fidei, rispetto ai diritti spettanti ai genitori.
Questa lettera di Benedetto XIV, insieme alla lettera precedente datata 28 febbraio 1747, risulta citata dalla maggior parte di coloro che fin dal 1858 si sono occupati del “caso Mortara”, perché riprende il tema dei vari casi in cui è possibile conferire il battesimo agli ebrei, di qualsiasi età.
In particolare nella lettera si affronta il caso, non previsto dalla lettera del 1747, di una nonna convertita che intende battezzare un nipote contro la volontà dei genitori e dei tutori ebrei: anche in questo caso il battesimo viene ammesso.
Scheda – Leggi un brano
Nella lunga voce dedicata agli ebrei da Gaetano Moroni, il tema del battesimo degli ebrei è trattato citando a p. 21 la lettera di Benedetto XIV del 28 febbraio 1747, Sopra il battesimo degli Ebrei o infanti o adulti, che verrà sistematicamente citata anche durante il dibattito sul “caso Mortara” dai sostenitori della posizione papale.
Nell’Enchiridion symbolorum, edito nel 2018, vengono riportate alcune parti significative della lettera di Benedetto XIV del 28 febbraio 1747 dal titolo Sopra il battesimo degli Ebrei o infanti o adulti.
L’attuale giurisprudenza ecclesiastica prevede la possibilità di battezzare un bambino in pericolo di morte anche contro la volontà dei genitori, come previsto dal Canone 868, § 2: Infans parentum catholicorum immo et non catholicorum, in periculo mortis licite baptizatur, etiam invitis parentibus.
(Luigi Chiappetta, Il Codice di diritto canonico. Commento giuridico-pastorale, III ed., Bologna, EDB, 2011, v. 2, p. 113).
Scheda – Leggi
Il Saggio statistico fornisce dati sull’amministrazione della giustizia a Bologna e provincia nel periodo 1856-1858, elencando dettagliatamente i vari fatti criminosi denunciati alla Cancelleria criminale del Tribunale di prima istanza. Viene così fornito un interessante quadro della situazione dell’ordine pubblico nel territorio bolognese negli ultimi anni del dominio pontificio.
Scheda – Leggi
Il cosiddetto Bonaga è un prezioso repertorio che veniva pubblicato ogni anno, a partire dal 1835. Fornisce informazioni altrimenti difficilmente reperibili, sulle istituzioni e sulla società bolognese, in particolare elenca i nomi e gli indirizzi di avvocati, notai, medici e chirurghi, ingegneri, periti agrimensori e di altre categorie di professionisti operanti in città.
Francesco Jussi, difensore di padre Pier Gaetano Feletti, l’inquisitore di Bologna al tempo del “caso Mortara”, è citato a p. 4, come supplente difensore de’rei nel Tribunale civile e criminale di prima istanza di Bologna, e a p. 8, tra gli avvocati addetti al Tribunale d’appello.