La tratta atlantica

William Adjété Wilson, Il passaggio di mezzo (Le passage du milieu)
Arazzo con applicazioni in cotone policromo, cm 175×105, made in Abomey, Benin, 2007-2009
L’Océan Noir di William Adjété Wilson
Per gentile concessione dell’autore

La tratta atlantica ha avuto un impatto profondo sulla storia dell’umanità. Nel corso di poco più di quattro secoli, un numero compreso tra 11 e 13 milioni di africani e africane vennero forzatamente privati della loro libertà e trasportati attraverso l’Oceano Atlantico nell’ambito di un sistema di sfruttamento che ha posto le basi di un ordine, quello capitalistico, sul quale ancora oggi si basa il mondo in cui viviamo. Gli schiavi e le schiave di origine africana e i loro discendenti non furono solo determinanti per lo sviluppo economico del mondo moderno, ma hanno dato un contributo cruciale alla storia culturale e sociale delle Americhe.

Il picco delle esportazioni venne raggiunto nel XVIII secolo, quando 6.133.000 individui – ovvero il 52 per cento del totale degli schiavi di tutto il commercio atlantico – furono costretti a lasciare l’Africa per raggiungere le Americhe.

La maggior parte degli schiavi acquistati dai commercianti europei erano ragazzi e uomini tra i 14 e i 30 anni, considerati più adatti al pesante lavoro nelle piantagioni; tuttavia anche numerose donne, nonché bambini e bambine, furono vittime della tratta atlantica.

 

Cosa mette in moto la tratta atlantica?
Campo di canna da zucchero (Pubblico dominio)

Potrebbe suonare strano che qualcosa di dolce come lo zucchero possa avere causato la sofferenza e la messa in schiavitù di milioni di persone. Eppure fu proprio la crescente e insaziabile domanda europea di zucchero a mettere in moto la tratta atlantica.
I portoghesi furono i primi ad impiegare manodopera schiavizzata nella produzione dello zucchero. Dopo la “scoperta” delle Americhe, il binomio zucchero-lavoro schiavile venne esportato oltre Atlantico, prima in Brasile e poi nei Caraibi.

Il commercio triangolare

Il capitale europeo, il lavoro degli schiavi africani e il suolo fertile delle Americhe vennero combinati in quello che è stato definito un commercio triangolare, che funzionava in questo modo: i commercianti europei partivano alla volta dell’Africa con navi cariche di beni come tessuti, armi da fuoco, alcolici, che nei forti lungo la costa dell’Africa venivano scambiati con i commercianti africani per ottenere gli schiavi; una volta acquistati, gli schiavi venivano caricati sulle navi e trasportati nelle Americhe dove venivano impiegati nella coltivazione di zucchero, tabacco e cotone. Il triangolo si chiudeva con il trasporto di questi prodotti verso i porti europei, come Liverpool o Bordeaux.

 

Con cosa venivano comprati gli schiavi?

Uno dei miti sulla tratta degli schiavi è che i commercianti e le autorità politiche africane fossero disposti a vendere donne e uomini in cambio di merci di poco o nessun valore. Ma non è così. Una volta entrati nei circuiti economici africani, oggetti che in Europa avevano scarso valore assumevano il ruolo di vere e proprie monete.

Le conchiglie cauri
Foto di Karin Pallaver

Tra le merci di scambio più richieste nel commercio degli schiavi c’erano i cauri, conchiglie che erano acquistate dagli europei nelle isole Maldive nell’Oceano Indiano.
In molte società dell’Africa occidentale queste conchiglie venivano usate come una vera e propria moneta, ad esempio per comprare le merci nei mercati o per pagare le tasse. Inoltre venivano impiegate nella produzione di oggetti rituali acquisendo anche importanti usi artistici e religiosi.

Le manillas
Museo delle Culture, Milano, AFR 927, ante 1945

Manillas è il termine portoghese per indicare bracciali di ottone o rame impiegati nel commercio di schiavi già a partire dal XV secolo. Prodotte dalle fabbriche europee per il mercato africano, venivano spesso fuse e poi impiegate nella produzione di utensili e armi.

 

 

 

Campionario di perline di vetro veneziane
Foto di Augusto Panini. Si ringrazia il Museo del vetro, Venezia
Le perline veneziane

Un’altra delle merci impiegate nell’acquisto degli schiavi erano le perline di vetro prodotte nell’isola di Murano, a Venezia. Alla fine del XVIII secolo, le perline costituivano la metà dell’intera produzione vetraria destinata ai mercati internazionali, principalmente africani.
I gusti per i colori e le forme cambiavano molto rapidamente e per questo i produttori veneziani creavano cartelle di campionario che poi distribuivano ai propri agenti e informatori di stanza nei porti africani.

Cauri e perline erano tra i pochissimi oggetti che uno schiavo o una schiava riuscivano a portare con sé sulle navi nel viaggio dall’Africa alle Americhe. Essendo molto piccoli, potevano infatti essere nascosti agli occhi dei sorveglianti. Gli scavi archeologici nelle piantagioni hanno riportato alla luce diverse sepolture in cui conchiglie e perline erano interrate come oggetti rituali insieme al defunto.

Figure commemorative Yoruba, Nigeria, inizi XX secolo
Fonte: De Young Museum, San Francisco
Wikimedia Commons
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