Una questione ancora aperta

Malcom X a una conferenza stampa, 26 marzo 1964
Foto di Marion S. Trikosko
Library of Congress Prints and Photographs division
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L’abolizione legale della schiavitù non ha comportato una totale emancipazione degli ex schiavi. Lo stigma dell’ascendenza servile è ancora presente in molti contesti africani: i matrimoni tra discendenti di schiavi e di liberi sono spesso ostracizzati e ai discendenti di schiavi può essere negato l’accesso alle terre migliori o a cariche politiche importanti. La denuncia di queste discriminazioni è oggi al centro dell’agenda politica di alcuni movimenti in vari paesi del Sahel, tra cui il Mali, la Mauritania e il Niger.

Nel Sud degli Stati Uniti le politiche di segregazione razziale sono durate almeno fino agli anni Sessanta del Novecento, quando il movimento per i diritti civili degli afroamericani riuscì a far abrogare le norme che negavano ai neri il diritto di voto e sancivano la netta divisione tra strutture e servizi destinati ai neri e ai bianchi.

Ispirati da figure come Martin Luther King (1928-1968) e Malcom X (1925-1965), questi movimenti convinsero Washington ad approvare il Civil Rights Act nel 1964 e il Voting Rights Act nel 1965, due leggi che hanno sancito la fine della segregazione negli Stati Uniti.

Martin Luther King con altri leader alla manifestazione di Washington per i diritti civili, 28 agosto 1963
In quella occasione pronunciò il famoso discorso «I Have a Dream»
National Archives and Records Administration (NARA) at College Park
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Tuttavia, le discriminazioni razziali non sono finite e gli eredi contemporanei di quei movimenti, come Black Lives Matter, nato nel 2013, hanno continuato a denunciare tanto le diseguaglianze economiche che permangono tra bianchi e neri quanto il razzismo che pervade ampi settori della società statunitense, delle forze dell’ordine e del sistema giudiziario.

Manifestazione di Black Lives Matter a New York, novembre 2014
Foto: The All-Nite Images, NY, USA
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L’uccisione per soffocamento di George Perry Floyd, avvenuta il 25 maggio 2020 a Minneapolis per mano di un agente di polizia, ha innescato nuove rivolte e manifestazioni che hanno avuto un’eco anche in Europa, dove una serie di statue di personaggi coinvolti nella tratta degli schiavi o nello sfruttamento coloniale sono state imbrattate, distrutte o rimosse.

Il 7 giugno 2020 alcuni attivisti hanno prima imbrattato di vernice rossa e blu e poi divelto la statua di Edward Colston che si ergeva nel centro di Bristol, in Gran Bretagna, gettandola infine nelle acque del porto. Colston ebbe un ruolo importante nel commercio atlantico degli schiavi in quanto fu il vice-governatore della Royal African Company, la compagnia commerciale che in assoluto ha trasportato più schiavi oltre oceano nella storia della tratta atlantica.

In Africa, negli Stati Uniti e in Europa, un crescente dibattito accademico, politico e nella società civile sta riportando al centro dell’attenzione pubblica quanto le storie e le responsabilità della tratta e della schiavitù siano state sistematicamente rimosse dalla memoria collettiva sebbene esse continuino a contribuire alla riproduzione di ineguaglianze sociali ed economiche.

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