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Archivio MerianinLa perizia di Alexander de Lavaux, un cartografo prussiano impiegato nella Società del Suriname, fornisce una visione d’insieme della distribuzione delle piantagioni nel paese. Nella colonia olandese in qualità di guardiamarina, Lavaux partecipò a diverse spedizioni durante le quali ebbe modo di effettuare rilievi di zone anche inesplorate. La mappa, incisa nel 1735, è molto accurata ed elenca 440 piantagioni e i nomi dei loro proprietari.

Archivio MerianinLungo i fiumi che si immergono nella foresta tropicale si trovano le piantagioni di canna da zucchero, unica coltura praticata nel paese, con rammarico di Merianin che lo ricorda spesso nelle sue osservazioni. Nel 1700 fece un viaggio all’interno del paese ed ebbe modo di visitare, tra le altre, le tenute di Providence, la comunità labadista dove sostò alcuni mesi, e quella di Abraham van Vredenburg, comandante militare della colonia, dove si dedicò in particolare allo studio dei bruchi che si cibano di foglie di Manihot o Manyot (Manihot esculenta, Crantz), la comune Manioca, e che sono rappresentati nella tavola IV. La lucertola, una Tupinambis merianae (a lei intitolata nel 1839), è stata aggiunta, scrive Merianin, «per l’abbellimento della tavola». Sono frequenti queste dichiarazioni nei suoi testi: la presenza di rettili, ragni e formiche nelle illustrazioni non serviva solo per compensare equilibri e forme nella composizione, ma probabilmente anche per stimolare l’interesse alla realizzazione di un secondo volume dedicato a questo genere di animali. Non solo bruchi e farfalle quindi: nell’illustrazione sono riportate tavole che raffigurano uno scarabeo sulla Genipa americana, uno coleottero su un Cedro e una lucertola su un ramo di Manioca, sullo sfondo la tenuta Vreedenburg.

 

 

 

 

 

 

 

 

Archivio MerianinLa tent-boot è un’imbarcazione a remi impiegata per il trasporto fluviale e fu presumibilmente usata anche da Merianin nella sua spedizione nell’entroterra: sarà stata trainata dai suoi aiutanti, schiavi «indiani» o «neri», che venivano impiegati in una serie di attività quotidiane o legate alle sue ricerche. Nelle pubblicazioni scientifiche e naturalistiche coeve si citavano di rado servi e aiutanti nelle ricerche ma Merianin non ne fa mistero e riporta in modo semplice e diretto le azioni compiute, l’aiuto e le informazioni ricevute, ritenendo tali persone e il loro apporto degno di essere preso in considerazione, attingendo così al loro patrimonio di conoscenze.
Nelle illustrazioni sul tetto della cabina della tent-boot c’è una donna con un ombrello per ripararsi dal sole: come non associarla all’immagine di Merianin in viaggio verso l’entroterra? L’imbarcazione agli inizi del ‘900 era ancora uguale a quella rappresentata a fine Settecento da Philippe Fermin nella sua Déscription générale, historique, géographique et physique de la Colonie de Surinam: la foto è stata scattata da Augusta Curiel, fotografa surinamese proprietaria di uno dei più attivi studi fotografici di Panamaribo del XX secolo.

 

Willem Piso – Georg Marggraf, Historia Naturalis Brasiliae, Leida, Franciscus Hackius & Amsterdam, Lowijs Elzevier, 1648
BCABo, 32.I.17

Nelle immagini è possibile osservare fasi della lavorazione della canna da zucchero: dopo la raccolta nei campi, avviene la frantumazione della canna e la bollitura per estrarre la melassa. La prima è un’elaborazione dell’illustrazione contenuta in Korte en zakelyke beschryvinge van de colonie van Zuriname, di Thomas Pistorius (1763), opera destinata ai piantatori e agli investitori olandesi, le altre provengono da Historia Naturalis Brasiliae (1648).

Raccolte dell’Archiginnasio – A partire dal 1663, il numero di ex schiavi neri rifugiati nell’entroterra del Suriname e impegnati in azioni di guerriglia crebbe ogni anno e culminò nel 1730 con un’insurrezione che durò vent’anni. Al termine l’Olanda fu costretta a riconoscere la loro condizione di uomini liberi, nel rispetto dei confini dei loro territori. Ma molte tribù si costituirono in piccole nazioni forestali indipendenti, avvicinandosi sempre di più alle porte di Panamaribo. Dal 1772 iniziò contro di loro una guerra con esercito regolare. Fra le truppe impiegate ci fu anche quella del capitano John Gabriel Stedman, uno scozzese di origine olandese che durante la permanenza in Suriname, dal 1773 al 1777, tenne un diario e realizzò diversi disegni. Dopo quasi dieci anni dal suo ritorno a Londra il racconto, riscritto e ampliato, venne pubblicato dall’editore Joseph Johnson con il titolo The Narrative of a Five Years Expedition against the Revolted Negroes of Suriname. Si tratta di un racconto autobiografico dell’esperienza di Stedman, in cui sono descritti paesaggi, flora, fauna e abitudini sociali degli africani indigeni, liberi e schiavi, e dei coloni europei. L’editore incaricò Francesco Bartolazzi e William Blake di realizzare, a partire dai disegni di Stedman, incisioni a corredo del libro che spesso raffigurano anche le atrocità ai danni degli schiavi di cui Stedman fu testimone. Le 16 tavole di William Blake sono molto potenti e stilisticamente presentano quella fluidità della linea e quella caratteristica “allucinatoria” che contraddistinguono l’opera dell’artista inglese. Dalla collaborazione fra Blake e Stedman nacque un’amicizia. Francesco Bartolazzi era un’incisore di origine italiana che lavorò prevalentemente a Londra facendo una importante carriera e praticando una tecnica particolare in cui le immagini sono create da piccoli punti delicati piuttosto che da linee come nelle incisioni tradizionali. Nessuno dei disegni originali di Stedman è sopravvissuto. Il libro ebbe molto successo e fu adottato dalla causa abolizionista anche se l’atteggiamento di Stedman sugli schiavi oscillava fra la compassione umana per le ingiustizie e la necessità di mantenere in qualche modo la schiavitù per continuare a consentire alle nazioni europee l’afflusso delle merci.

“A Female Negro Slave”: una delle prime descrizioni del libro riguarda la tortura di una schiava che, dopo avere ricevuto 200 frustate, viene incatenata a un peso di ferro per un mese a causa della sua incapacità di svolgere un compito a cui era stata assegnata. In un’altra incisione, “A Suriname Planter in his Morning-Drefs” si sottolinea la disuguaglianza fra un proprietario di piantagione del Suriname nel suo abito da mattina e la schiava nera.

“Rabel negro” ritrae un fuggiasco armato, diretto discendente degli schiavi africani che trovarono rifugio nella foresta mescolandosi anche con le popolazioni indigene. Vennero chiamati  “Maroon” derivante da “cimarrón”, un termine caraibico-spagnolo che indica bovini randagi o animali selvatici. La loro lingua era il Neger-Engels, evoluto in Sranan tongo, la lingua più  parlata nel Suriname d’oggi e che unisce inglese, portoghese, olandese e altre parlate africane.

Archivio Merianin – Nel Leporello sono riprodotte immagini e scene con schiavi riprese da vari autori e libri dedicati al Suriname, fra cui la prima raffigurazione olandese di schiavi africani nel paese (immagine a sinistra). È contenuta in Bescryvinge van de volk-plantage Zuriname di J. D. Herlein, opera che affronta i vari aspetti della società surinamese all’inizio del XVIII, pubblicata in Frisia nel 1718.