Perché una mostra su Q

«In più c’è la stampa, appunto; questa tecnica stupefacente, che come un incendio d’estate secca e ventosa, si sviluppa giorno dopo giorno, ci dà idee in quantità per inviare lontano e più velocemente i messaggi e gli incitamenti che raggiungono i fratelli, spuntati come funghi in ogni anfratto del paese».

Luther Blissett, Q. Prima parte. Capitolo 19 (Norimberga, Franconia, 10 ottobre 1524)

Con queste parole il protagonista di Q, l’uomo dai mille nomi, descrive la potenza della stampa, la sua capacità di far circolare le idee e diffondere la conoscenza, una forza ancora tutta da scoprire nei primi decenni del ‘500, quando quella di Gutenberg era ancora un’invenzione “giovane”. Ma quando Q viene pubblicato, il 6 marzo 1999, nessuno immagina che quelle parole diventeranno presto anche un ottimo modo di descrivere l’effetto del romanzo sul mondo letterario e editoriale italiano del tempo. Un successo inaspettato e bruciante, foriero di grandi contrapposizioni e forti polemiche, a cui contribuisce l’anonimato degli autori, celati dietro la firma del Luther Blissett Project, che negli anni precedenti ha ottenuto grande attenzione mediatica facendosi beffe proprio dei media ma che mai si è cimentato con la narrativa. Una nuova maniera di stabilire il rapporto fra autore e editore – e, va specificato, un editore importante come Einaudi – che accetta una condizione certificata dalle parole stampate sul retro del frontespizio: «È consentita la riproduzione, parziale o totale dell’opera e la sua diffusione in via telematica a uso personale dei lettori, purché non sia a scopo commerciale». Una frase semplice e breve, che oggi però possiamo leggere, in perfetta consonanza con le vicende descritte nel libro, come l’innesco di una nuova rivoluzione che in questi 20 anni, avendo come fulcro la Rete, ha modificato i meccanismi di produzione e diffusione dei testi, non solo letterari.
Q ci dice che ogni rivoluzione è fatta non solo (e non sempre) con le armi, ma anche con la carta stampata: Lutero e Melantone traducono la Bibbia in tedesco per lanciare il guanto di sfida al Papato, il Principe Elettore Federico teme Thomas Müntzer perché ha una stamperia a sua disposizione, la predicazione anabattista si diffonde anche grazie all’uso del flugblatt – il foglio volante, o volantino che dir si voglia. E infine Il Beneficio di Cristo, protagonista assoluto della terza parte del romanzo, un «libretto ingiallito» di piccole dimensioni ma grande impatto, al centro delle controversie dottrinali combattute a suon di scritti, trattati e decreti a cavallo della metà del XVI secolo.
Per questi motivi ci è sembrato che il ventennale della pubblicazione di Q fosse un’occasione imperdibile per interrogare i cataloghi dell’Archiginnasio partendo dagli spunti che il romanzo ci offriva, una vera miniera di suggerimenti, percorsi, piste ben battute o sentieri appena accennati, su cui camminare per estrarre e dare visibilità ai testi citati, ai personaggi che compaiono sulla scena, agli episodi storici narrati. Questa intuizione iniziale non è stata delusa, perché la mostra – e la sua versione online, più ricca e completa di materiali – non solo mette sotto gli occhi di tutti oggetti e persone che hanno affascinato i lettori del romanzo – il volto di Carafa e quello di Reginald Pole, Münster, nuova Città di Dio, e Anversa, centro del commercio, i libri stampati da Oporinus e Pietro Perna e l’Indice che li condanna – ma col romanzo dialoga, ne amplia i confini, approfondisce aspetti che in quelle pagine erano di necessità appena accennati. In alcuni casi è bastata una frase per farci deviare dal sentiero principale e scoprire una nuova via, un filo nascosto della trama che ci sembrava interessante dipanare. Così non abbiamo preso l’epilogo del romanzo, Istanbul, Natale 1555, come un confine invalicabile, ma come un ponte che ci conduceva a interrogare anche Altai, il romanzo, ormai firmato Wu Ming, che di Q è un sequel sui generis e che, per completare le celebrazioni, compie i 10 anni di vita. Abbiamo voluto testimoniare il dialogo con questi due testi utilizzandone costantemente i brani come didascalia per i materiali esposti (dove non diversamente indicato, il brano è estratto da Q). E forse non è un caso che le parole finali di Altai non siano una conclusione, ma invitino a nuovi inizi:

«Da qualche parte, lontano, ci sarà pioggia e una nuova stagione. Torneranno i monsoni, verrà il tempo di ascoltare le storie dei marinai e dei pellegrini. E di ammirare ancora il volo dei falchi sugli altipiani».

Wu Ming, Altai. Epilogo (Costantinopoli, 23 Rajab 979 – 11 dicembre 1571)

Il percorso espositivo allestito presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna si articola in 11 bacheche – corrispondenti alle sezioni del sito numerate da I a XI – e 10 pannelli, i cui contenuti sono distribuiti nelle altre sezioni del menu.