Da una parte gli Zelanti – guidati da Carafa – dall’altra gli Spirituali, che fin dall’inizio degli anni ’40 hanno in Reginald Pole una figura di riferimento e in Viterbo il luogo di irradiamento di una dottrina più conciliante con alcuni aspetti della Riforma luterana. Il decennio si era aperto con il fallimento dei colloqui di Ratisbona (1541), guidati per parte cattolica da Gasparo Contarini e ai quali forse, ma è ipotesi appena accennata dagli storici, partecipa anche Benedetto Fontanini. Ora il decennio si chiude con “l’ultimo scontro”, il Conclave del 1549-50 che deve scegliere il successore di Paolo III e che sarà evento decisivo anche per i protagonisti di Q.
Pole, che redige un documento sul suo modo di intendere la figura del Pontefice, è candidato più che favorito, ma l’abilità diplomatica e qualche segreto sotterfugio permettono a Carafa di impedirne l’elezione. Sale al soglio pontificio, col nome di Giulio III, Giovanni Maria Ciocchi del Monte. Il protagonista del romanzo lo incontra in una locanda mentre sta scendendo a Roma per il Conclave e in una memorabile scena notturna lo coglie alle prese con il Vesalio – lettura non convenzionale per un Cardinale – e lo invita a intercedere per la scarcerazione di Benedetto Fontanini, imprigionato a Padova. L’intercessione ci sarà e avrà un peso non da poco nelle vicende del romanzo, più che della storia, ma Giulio III non prenderà mai una decisa posizione a favore della teologia degli Spirituali. Quel Conclave verrà ricordato non tanto per la sua elezione quanto per la sconfitta di Reginald Pole, al quale continueranno ad essere assegnati incarichi di prestigio tali da allontanarlo dal cuore della contesa, fino al ritorno nella madrepatria.
Ancora una volta, ha vinto Carafa.