Il successo del Beneficio supera le già ottimistiche previsioni di Perna. Non solo vengono vendute migliaia di copie, ma i grandi artisti lo pongono al centro delle proprie opere.
A Firenze Jacopo da Pontormo illustra in gran segreto la teologia del Beneficio in un ciclo di affreschi che decorerà la tomba di Cosimo de’ Medici nella basilica di San Lorenzo. Distrutto nel XVIII secolo, oggi ne rimangono solo alcuni disegni preparatori.
Il grande Michelangelo si scambia sonetti e disegni ispirati al trattatello con la Marchesa di Pescara Vittoria Colonna, che lo ha introdotto nel circolo viterbese. Ma anche le opere maggiori degli anni ’40, pur tra mille cautele, ne vengono influenzate. Se già nel Giudizio Universale si trovano tracce di una nuova spiritualità, Buonarroti arriva addirittura a modificare il progetto del mausoleo di Giulio II per farne il tramite del messaggio del Beneficio. Presto la Controriforma si occuperà con attenzione delle opere d’arte, preparando prontuari sull’uso ortodosso delle allegorie.
Il “veleno” ha circolato nel corpo della Cristianità: ora Carafa può raccogliere le reti e colpire coloro che ne sono stati infettati. Il possesso di un esemplare del libretto – immediatamente sequestrato e distrutto – è motivo sufficiente per essere accusati di eresia. Ma se sei un alto prelato della Chiesa Cattolica, il solo sospetto che tu ne abbia letta e apprezzata qualche pagina ti costringe a difenderti. Tutti i cardinali che hanno dimostrato vicinanza all’Ecclesia Viterbiensis finiscono nel mirino, senza riguardi per la loro importanza: Gregorio Cortese, Ercole Gonzaga, Giovanni Matteo Giberti, Giovanni Morone. Carafa fa i conti con i nemici e il Beneficio diventa un’arma per colpirli.