Antonio Brucioli, Il Nuovo Testamento, di greco nuovamente tradotto in lingua toscana
Venezia, Lucantonio Giunti, 1530
Collocazione: 4. D. V. 21
Il fiorentino Antonio Brucioli realizza la prima traduzione in volgare italiano delle Sacre Scritture a partire dai testi originali greci e ebraici. Prima di lui le uniche traduzioni di testi biblici in italiano erano state realizzate partendo dalla Vulgata latina. Dopo questa edizione del Nuovo Testamento tradotta dal greco, Brucioli continuerà poi la sua opera di diffusione delle Sacre Scritture in volgare con la traduzione del Vecchio Testamento dagli originali ebraici, come mostrano le immagini successive. Brucioli, anche ma non solo per questa sua opera di traduzione, sarà più avanti processato e condannato dall’Inquisizione e morirà in miseria. Le sue traduzioni però non suscitarono subito i sospetti e le condanne delle gerarchie ecclesiastiche, nonostante contenessero molti elementi tali da giustificare un interesse censorio. D’altra parte, come documenta Gigliola Fragnito in La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Bibbia (1471-1605) (Bologna, il Mulino, 1997), la traduzione in italiano delle Sacre Scritture – come detto però a partire dai testi latini – aveva una tradizione e una diffusione notevole fin dalla seconda metà del secolo precedente. Le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche verso questa opera di volgarizzazione non erano per niente omogenee. Solo nell’Indice del 1559 si arriverà a una prima condanna ufficiale dei volgarizzamenti biblici, ma questa posizione intransigente si affermerà definitivamente solo alla fine del secolo. La situazione era poi ulteriormente complicata dal fatto che le edizioni in volgare presentassero o meno apparati di commento del testo sacro. Il problema si impose nel XVI secolo anche in conseguenza dell’esplosione del mercato librario e quindi del fatto che questi testi muovevano rilevanti interessi commerciali.
Prima di Brucioli, la traduzione in italiano più famosa e diffusa realizzata partendo dalla versione latina delle Sacre Scritture, era quella realizzata dal monaco camaldolese Nicolò Malerbi (o Malermi), la cui prima edizione venne pubblicata nel 1471 a Venezia dal tipografo Vindelino da Spira (E. Barbieri, Le Bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento. Storia e bibliografia ragionata delle edizioni in lingua italiana dal 1471 al 1600, vol. I, Milano, Editrice Bibliografica, 1992, p. 187-190). Numerose altre edizioni ne vennero stampate lungo tutto il XVI secolo.
La Biblioteca dell’Archiginnasio possiede un esemplare quattrocentesco e due cinquecenteschi della Bibbia Malerbi.
Il primo, in due volumi, è datato 1477 ma viene in realtà stampato nel febbraio-marzo 1478 a Venezia da Antonio Miscomini. Si tratta della prima edizione arricchita da Rubriche ad opera del domenicano Marino Veneto (ivi, p. 206-209).
Un esemplare dal titolo Byblia in vulgar vltimamente impressa ornata intorno de moral postille & figure: & in tutti capituli i lor summarij: & declarationi vtilissime a coloro che desiderano hauer cognitione delle sacre littere: cosa noua mai piu per altri facta è datato 1517, pubblicato a Venezia da Lazzaro Soardi e Bernardino Benali (ivi, p. 234-236).
Il secondo esemplare cinquecentesco, stampato sempre a Venezia nel 1558 presumibilmente da Domenico Farri, reca invece il titolo Biblia volgare la qual in se contiene i sacrosanti libri del Vecchio, et Nuouo Testamento, […] tradotti dalla hebraica, & greca verita in nostra lingua […] (ivi, p. 343-345).
Si noti che, nonostante il testo riporti a tutti gli effetti la traduzione di Malerbi, non si indica più che la traduzione è stata compiuta sulla lectio vulgata latina – come invece era segnalato ancora nell’edizione di Bernardino Bindoni (che incontreremo poi anche come stampatore anche della prima edizione del Beneficio di Cristo) del 1535 (ivi, p. 255-256) – ma partendo dai testi ebraici e greci. Cosa è accaduto? L’opera del Malerbi, morto probabilmente nel 1482, ha subito negli anni molte correzioni e rimaneggiamenti, in parte influenzati anche dalla pubblicazione delle traduzioni compiute direttamente sugli originali greci ed ebraici (non solo quelle di Brucioli ma altre successive). Nell’edizione della traduzione di Malerbi pubblicata ancora da Bindoni nel 1541, dal titolo viene eliminato il riferimento alla lingua da cui si è tradotto. La concorrenza delle traduzioni compiute sugli originali rendeva infatti consigliabile sia avvicinare il testo a quello di Brucioli, sia non dichiarare che la traduzione di Malerbi era compiuta sui testi latini (ivi, p. 279-280). Per questi motivi si arriva, nell’edizione Pinzi del 1553 della Bibbia Malerbi (che costituisce la base anche del testo dell’esemplare del 1558 posseduto dall’Archiginnasio), a dichiarare nel frontespizio che i testi sacri sono «TRADOTTI/ DA LA HEBRAICA, ET GRAECA VERITA IN NOSTRA/ Lingua». In realtà le correzioni ulteriori apportate rispetto all’edizione del 1541 sono compiute «in una direzione però affatto differente da quella del Brucioli» e il testo continua in gran parte a seguire la lectio vulgata latina, rimanendo «sostanzialmente autonomo» (ivi, p. 333-334).