Giorgio Siculo, Epistola di Georgio Siculo servo fidele di Iesu Christo alli cittadini di Riva di Trento contra il mendatio di Francesco Spiera, & falsa dottrina di protestanti
Bologna, Anselmo Giaccarelli, 1550
Collocazione: 3. Z. VI. 24
C’è troppa gente che va in giro a fare domande, ci stanno addosso, preparano qualcosa. Anche qui. Hai visto cosa è successo a Giorgio Siculo? Il duca non ci ha pensato due volte a bruciarlo.
Terza parte. Capitolo 37 (Ferrara, 11 settembre 1551)
Giorgio Rioli, meglio conosciuto come Giorgio Siculo, è stato sostanzialmente dimenticato e ignorato fino agli anni ’30 del Novecento, in quanto ripudiato da tutte le chiese sorte dalla grande controversia religiosa del XVI secolo, che hanno fatto cadere l’oblio su un personaggio scomodo e non “assimilabile”. Nato alle pendici dell’Etna, incontra Benedetto Fontanini nell’abbazia di San Niccolò l’Arena, dove viene redatto Il Beneficio di Cristo. Se in questo primo momento è lecito supporre un’influenza del Fontanini sul confratello più giovane, in seguito sarà fra’ Benedetto che aderirà alla dottrina segreta e visionaria del Siculo, tanto che quando nel 1550 viene arrestato lo si trova in possesso – e il fatto costituirà un’aggravante – di un libro di quest’ultimo. Carlo Ginzburg e Adriano Prosperi in Giochi di pazienza (Torino, Einaudi, 1975) avviano un’indagine su quale fosse il libro in questione. Scartata sicuramente l’Epistola, stampata senza problemi di censura in quello stesso anno a Bologna, il candidato più probabile rimane quel misterioso «libro maggiore» su cui Prosperi continuerà a indagare fino a comporre un affresco di grande fascino in L’eresia del Libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta (Milano, Feltrinelli, 2000), dove si trova anche la conferma dell’ipotesi formulata anni prima: «I monaci di San Benedetto, appena giunse la notizia dell’arresto di Siculo, fecero ispezionare la della di don Benedetto Fontanini. È lì, saltò fuori il Libro grande […]» (p. 224). Nella Premessa a questo lavoro (p. 7-8) Prosperi racconta che proprio questo esemplare dell’Epistola è stato il “motore” della riscoperta del Siculo, in quanto Delio Cantimori lo rinvenne nelle raccolte dell’Archiginnasio e incuriosito da questo personaggio, di cui nulla sapeva, ne ricostruì storia e idee, facendone una delle figure centrali della propria indagine sugli eretici italiani del Cinquecento. Dietro la scrittura dell’Epistola si muovono interessi e personaggi molto importanti. Sembra infatti accertato che lo stesso Reginald Pole avesse fortemente caldeggiato col Siculo la scrittura di questo testo (si veda il citato lavoro di Prosperi, p. 203 e seguenti).